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Il carrozzone era pieno di gente; e siccome i carrozzoni di seconda classe, in Spagna, non hanno scompartimenti, eravamo quaranta fra viaggiatori e viaggiatrici, visibili tutti uno all'altro: preti, monache, ragazzi, serve, e altri personaggi che potevano essere negozianti, o impiegati, o agenti segreti di Don Carlos. I preti fumavano, come è uso in Ispagna, il loro cigarrito, offerendo amabilmente ai vicini la scatola da tabacco e le cartoline; altri mangiavano a due palmenti, facendosi passare l'uno all'altro una specie di vescica che, compressa con ambe le mani, mandava uno schizzo di vino; altri leggevano il giornale corrugando tratto tratto le sopracciglia in atto di profonda meditazione. Uno spagnuolo, quand'è in compagnia, non si mette in bocca uno spicchio d'arancio, o una fetta di formaggio, o un boccone di pane, se prima non ha pregato tutti di mangiare con lui; e per questo io mi vidi passar sotto il naso frutta, e pani, e sardelle, e bicchieri di vino, e che so io, accompagnato ogni cosa da un gentile: "Gusta Usted comer conmigo?" al quale risposi: "Gracias," a contracorpola parola che ci va) perchè avevo una fame da conte Ugolino. Davanti a me, proprio co' piedi contro i miei, c'era una monaca, giovane, a giudicarne dal mento, ch'era quel po' di viso che appariva sotto il velo, e da una mano che lasciava come abbandonata sur un ginocchio. Io le tenni gli occhi addosso per più d'un'ora, sperando che alzasse il viso; ma rimase immobile come una statua. Eppure dal suo atteggiamento era facile accorgersi che faceva uno sforzo per resistere alla naturalissima curiosit

Si fece gran consumo di parole su tale argomento, Ora, per nostro avviso, una trasformazione non può essere che progresso o regresso. Osereste voi asserire che il Verdi del Nabucco e del Rigoletto non pareggi il Verdi del Don Carlos e dell'Aida? Tanto varrebbe dire che nel Barbiere e nella Semiramide il genio di Rossini si palesi meno completamente che nel Guglielmo Tel.

In un'amena vigna del mio paese sorge una casina, dove un tempo Schiller, come si dice, avrebbe composto il Don Carlos. Ogni anno un centinaio di forestieri devoti contemplano il buco triangolare nel pavimento, che sarebbe servito da cestino al poeta.

Dopo le donne, le fiere. In vari tempi si fece combattere il toro coi leoni e colle tigri; pochi anni or sono ebbe luogo una di codeste lotte nel Circo di Madrid. È celebre quella che fece fare il conte duca di Olivares per festeggiar il giorno onomastico, se non m'inganna la memoria, di Don Baltasar Carlos d'Austria, principe delle Asturie. Il toro combattè col leone, colla tigre, col leopardo, e riuscì vincitore di tutti. Anche nel combattimento di pochi anni sono, la tigre e il leone ebbero la peggio; l'una e l'altro si slanciarono impetuosamente addosso al toro; ma prima di riuscire ad addentargli il collo, infilati dal terribile corno, caddero a terra in un lago di sangue. Il solo elefante, un elefante enorme che vive tuttora nei giardini del Buon Ritiro, riportò la vittoria: il toro lo assalì, quegli non fece che mettergli la testa sul dorso e premere, e la pressione fu così delicata che il malcauto assalitore ne fu schiacciato come una polpetta. Ma è agevole immaginare quanta destrezza, quanto coraggio, e che imperturbabile tranquillit

Allo scopo di studiare gli autori stranieri e di affermarsi alle difficili prove, egli intraprese non pochi viaggi. Le di lui escursioni a Parigi ed a Londra si rinnovavano periodicamente ogni anno, e in compagnia del Verdi andò espressamente a Parigi nel 1867, per assistere a parecchie rappresentazioni del Don Carlos, che egli pel primo doveva presentare all'Italia.

Il custode entrò, lo seguii, mi trovai in mezzo ai sepolcri, o meglio in un sepolcro oscuro e freddo come la grotta d'una montagna. È una piccola sala ottagonale, tutta marmo, con un altarino nella parete opposta alla porta, e nelle rimanenti, dal suolo alla vòlta, l'una sull'altra, le tombe, distinte con ornamenti di bronzo e bassorilievi; la vòlta corrisponde all'altar maggiore della chiesa. A destra dell'altare son sepolti Carlo V, Filippo II, Filippo III, Filippo IV, Luigi I, i tre Don Carlos, Ferdinando VII; a sinistra le imperatrici e le regine. Il custode avvicinò la fiaccola alla tomba di Donna Maria Luisa di Savoia, moglie di Carlo III, e mi disse con aria di mistero: Legga. Il marmo è rigato in vari sensi; con un po' d'attenzione riescii a raccapezzare cinque lettere; è il nome Luisa scritto dalla stessa regina Luisa con la punta delle forbici. A un tratto il custode spense la fiaccola e rimanemmo nelle tenebre: mi si agghiacciò il sangue nelle vene. Accenda! gridai. Il custode rise d'un riso lungo e lugubre, che mi parve il rantolo d'un moribondo, e rispose: Guardi! Guardai: un debolissimo raggio di luce, scendendo da un'apertura vicino alla vôlta, lungo la parete, sin quasi al pavimento, rischiarava appena tanto da renderle visibili, alcune tombe di regine; e pareva un raggio di luna; e i bassorilievi e i bronzi delle tombe luccicavano a quel barlume d'una luce strana, come se stillassero acqua. In quel momento sentii per la prima volta l'odore di quell'aria sepolcrale, e mi prese un brivido di freddo; penetrai, coll'immaginazione, in quelle tombe, e vidi tutti quei cadaveri irrigiditi; cercai uno scampo al di sopra della vòlta, mi trovai solo nella chiesa; fuggii dalla chiesa, mi perdetti nei labirinti del convento; mi rifeci presente a me stesso, in mezzo a quelle tombe, e sentii che veramente ero nel cuore dell'edifizio mostruoso, nella parte più profonda, nel recesso più gelido, nel penetrale più tremendo; e mi parve d'esser prigioniero, sepolto in quel gran monte di granito, e che mi gravitasse tutto addosso, e che da tutti i lati mi premesse, e mi chiudesse l'uscita; e pensai al cielo, alla campagna, all'aria libera come a un mondo remoto, e con un sentimento ineffabile di mestizia. Signore! mi disse solennemente il custode, prima di uscire, tendendo la mano verso la tomba di Carlo V: L'imperatore è l