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Dal quale apparisce che, in materia di consolazioni, Tommaso Sangonetto avrebbe potuto dar de' punti a Boezio.

Il viaggiatore tedesco sente passare su di il grande soffio della storia e, nello stesso tempo, prova un profondo e malinconico amore per la sua patria, quando, isolato in quel deserto di verdura, contempla la tomba di Teodorico. Intorno al severo monumento del re ostrogoto aleggiano le ombre di quel secolo eroico, in cui l'epopea greca di Omero sembra confondersi con l'epopea tedesca dei Nibelungi. La mente evoca le imagini di Belisario, di Narsete, di Totila, di Teia, di Teodorico e di Amalasunta, di Cassiodoro, di Procopio, di Boezio, di Giustiniano, di tante altre figure di goti e di greci, che recitarono la loro parte in uno dei più meravigliosi drammi che la storia universale annoveri, nel caos delle nazionalit

Ricordo ancora con un certo piacere il giorno in cui, andando alla scoperta di un luogo per le mie future passeggiate, ho percorso per la prima volta la via che mena a S. Pio. La strada bella e buona sale fra i vigneti ed i boschi; tutto ad un tratto la vista si apre a destra, e si scorgono terreni ondulati, coperti di viti, e l'ampia e tranquilla valle del Sacco, circoscritta da catene montuose, ed un paesaggio dall'aspetto superbo. A fianco della via sorge una piccola altura detta Fagnano, sulla cui pendice trovasi un masso voluminoso, ombreggiato da annose piante di olivo; su quest'altura mi son procurato spesso il godimento di leggere la Vita nuova di Dante o la Consolazione della filosofia di Boezio, riposando poi alla fine di ogni capitolo i miei occhi nel contemplare quel quadro sublime che si spiegava dinanzi a me. Di lassù si gode tutto meravigliosamente: sul primo piano dei lussureggianti boschetti; più in l

Egli è senza alcun dubbio vero la filosofia esser venerabile maestra di tutte le scienze e di ciascuna onesta cosa; e in quello luogo, dove Boezio giaceva della mente infermo, turbato e commosso dello esilio a gran torto ricevuto, egli, come impaziente, avendo per quello cacciata da ogni conoscenza del vero, non attendeva colla considerazione a trovare i rimedi opportuni a dover cacciar via le noie che danno gl'infortuni della presente vita; anzi cercava di comporre cose, le quali non liberasson lui, ma il mostrassero afflitto molto, e per conseguente mettessero compassion di lui in altrui.

S'avvicinò alla cavalla, accarezzandola sulla fronte; poi salì nel veicolo, prese le redini dalle mani del servo, e quando mi fui accomodato al suo fianco, aizzò Steppa che s'incamminò con grande strepito di ferri sotto l'androne. Hai dormito? domandai. Ho lavorato.... Perchè non lavori anche tu? È una consolazione. Bene, Severino Boezio! E di che cosa debbo io consolarmi? Di tutto....

Essi vogliono che la filosofia abbia cacciate le muse poetiche da Boezio, come femmine meretrici e disoneste, e i conforti delle quali conducono chi l'ascolta, non a sanitá di mente, ma a morte. Ma quel testo, male inteso, fa errare chi reca quel testo in argomento contro a' poeti.

Ed avvertire si dee che la libra di once dodici è il debito peso col quale si hanno a pesare l'argento e l'oro, e ciò per cagione della real divisione duodenaria, che è numero perfetto; onde si vede che di tal libra Aurelio Cassiodoro il magno ne ha fatto dottamente menzione nella sua opera inscritta Variarum, nel primo libro, a carte 11, nella lettera mandata dal re Teoderico a Boezio, che cosí incomencia: «Licet universis populis generalis sit impendenda iustitia», ecc.; ed anco ne viene da lui accennato nel libro settimo, a carte 173, nel capitolo che incomencia: «Omnis quidem utilitas publica fideli debet actione compleri», ecc., sotto la rubrica: «Formula, qua moneta committitur».

E fossero pur eglino usati soltanto giusta le leggi dell'onesto e del giusto! come non vorrei che Boezio si lamentasse, dicendo: Heu! quis primus fuit ille auri, qui pondera tecti gemmasque latere volentes pretiosa pericula fodit?

Primo Albino un grande romano, poi Boezio anche piú grande, poi Simmaco suocero di lui, poi Giovanni papa, furono accusati «d'avere sperata la libertá di Roma», di carteggiare coll'imperatore, e via via. Boezio e il papa morirono in carcere, Simmaco decollato.