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L'insurrezione di Milano e Venezia sorse, invocata da tutti i buoni d'Italia, dal fremito d'un popolo irritato d'una servitù imposta per trentaquattro anni al Lombardo-Veneto da un governo straniero aborrito e sprezzato. Fu, quanto al tempo, determinata dalle provocazioni feroci degli Austriaci che desideravano spegnere una sommossa nel sangue e non credevano in una rivoluzione. Fu agevolata dall'apostolato e dall'influenza, meritamente conquistata fra il popolo, d'un nucleo di giovani appartenenti quasi tutti alla classe media e tutti repubblicani, da uno infuori, che allora nondimeno si dicea tale. Fu decisa e questo è vanto solenne, non abbastanza avvertito, della gioventù lombarda quando era gi

La repubblica non fu accolta bene male; la patirono i popoli, forse vi era altra uscita, dacchè al Papa non si voleva tornare, nel governo provvisorio non si poteva durare; il Monghini, che questo disse, allora come ora apparve savio, e il Farini male si adopera trafiggerlo con oblique parole: maligno raccontatore costui, contro il quale, percosso da Dio, non lice aggravarsi con dure parole. Quando poi con tanto valore i Romani con gl'Italiani convenuti a Roma difesero la repubblica, furono sospinti ai magnanimi atti meno da svisceratezza per la forma del governo che per mostrare a prova di sangue allo aborrito straniero come gl'Italiani sappiano adoperare l'arme anco in disperata difesa; questo è giudizio dello scrittore, bensì dello stesso Giuseppe Mazzini, il quale, interrogato da lui rispondeva proprio così: «il concetto della difesa di Roma fu in tutti concetto di onore, e di ribellione naturale contro la insolenza francese; nei pochi concetto repubblicano, e desiderio di promovere il principio facendo conoscere al mondo ciò, che a petto dei monarchici d'Italia valessero i repubblicani.... Roma era scaduta agli occhi d'Italia, e di Europa: era una popolazione di preti, di servi, di ciacchi viventi su la candela, su le cerimonie, e le corruttele dei sacerdoti, e di trasteverini ignoranti, affascinati dalle pompe cattoliche, comecchè d'istinti veracemente Romani. Ora per noi senza Roma non si fonda unit

In questo nell'insana, incessante, efferata persecuzione contro il pensiero, contro i menomi atti sospetti, contro le sostanze, contro la vita di quanti sono rei o creduti rei d'affetti al paese nel bastone fatto legge di mezza Italia nell'insolenza perenne di padroni stranieri nell'irritazione febbrile generata dai precetti e da uno spionaggio sfrontato negli odî educati dalle denunzie pagate nelle prepotenze consumate sotto l'egida d'un governo aborrito come il papale, da tirannucci subalterni, noti a ogni individuo delle nostre non vaste citt

Io non mi tratterrò a descrivere lo incanto, che nasceva dal profumo dei fiori e dallo sfolgorare dei torchi di cera bianca fitti su candelabri di argento ripercosso le miriadi di volte per gli specchi, pei vassoi, bacili, boccali, urne, vasi, statuette, grotteschi, e argenterie d'infinite ragioni ammirande per dovizia, e per lavoro stupende. I tempi di questo racconto non distano tanto da noi, che di simili masserizie chiunque ne avesse vaghezza non possa farne esame nei pubblici musei. Nelle case dei nostri patrizii adesso non se ne vedono più, o rare; però che le abbiano vendute allo straniero. Che cosa non venderebbero essi, i nostri patrizii, se trovassero il compratore? Presso a questo turpe mercato, benedetto... io sto per dire... , benedetto il saccheggio dello aborrito nemico! Il soldato ladro non ti porta via la speranza di ricuperare il mal tolto, il desiderio di adoperartivi con tutti i nervi; ma lo straniero che ti compra a patto le reliquie paterne ti compra a un punto un brano del tuo cuore, e tu gli vendi un pezzo di patria! La rapina dispone gli animi a libert

Ma il Cènci, reputando coteste smanie sforzi per sottrarsi dallo aborrito viaggio, la cacciò di una spinta in carrozza, chiuse a chiave lo sportello, e fece abbassare diligentemente le cortine. Dato il cenno della partenza don Francesco salì con gli altri a cavallo, e tutti si posero in via senza dire un fiato.

Ministro di re costituzionale e promotore, per debito al principio che rappresentate, d'interessi dinastici, voi cercate le vostre alleanze esclusivamente fra i despoti. Italiano, e millantatore di concetti emancipatori, voi tradite deliberatamente l'Italia, ripetendo la parte di Lodovico il Moro; chiamando la tirannide straniera al di qua dell'Alpi, e dando assenso a un nuovo dominio e ad una potente influenza, difficile a sradicarsi, dove un Governo aborrito da tutti e logorato da lungo tempo nell'opinione sta per cadere. Uomo di Stato e pensatore politico, voi create al Governo inglese la necessit

Giunse il 16 di aprile dell'anno 1814. Ognun sa che l'esercito franco-italo, ritrattosi sul Mincio, vi si reggeva in buona condizione, e che gli ultimi fatti d'arme erangli iti a seconda. Le notizie dei fatti accaduti a Parigi indussero il vicerè ad appigliarsi a quei partiti dai quali aveva fino allora aborrito. Semplice ormai, e, per così dire, facile diventava il suo cómpito. Egli avea chiuso l'orecchio alle insinuazioni dei sovrani alleati, da cui era stato eccitato a scostarsi dall'imperatore e ad assicurare a stesso e a' suoi successori un trono in Italia. Avea ributtato i consigli e le instanze di Murat, che lo esortava a seguire il proprio esempio, aggiungendovi che, se troppo grave eragli il collegarsi coi nemici del suo benefattore, ei potea tuttavia, senza fraudare il debito della riconoscenza, adoperarsi da per la propria salvezza, e giovarsi pel suo proprio pro delle forze cui imperava. Avea in somma, finchè l'imperatore potè essere sorretto, consacrata a lui ogni sua possa e facolt