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Aggiornato: 20 giugno 2025
E perchè Ginevra le aveva risposto, ridendo, facessero pure, poichè ella si tratteneva un mese a Parigi, e il marchese di Montalto, dal canto suo, avrebbe potuto rimanervi a sua posta, la viscontessa aveva detto tra sè: Toujours la même, cette pauvre Geneviève, belle et froide comme un beau marbre de Paros! Ces Italiennes! Dieu leur donne la beauté: et elles n'en savent que faire.
Come si vede, la viscontessa dal collegio in poi, aveva fatta molta più strada che non la sua petite madone italienne.
Di tutti? Sì certamente, ove se ne eccettui la viscontessa di Roche Huart, che gi
La viscontessa (le cui lettere del resto non erano trascritte nei libri di Bonaventura, come quelle che non avevano alcuna attinenza a' suoi fini) narrava poco di sè e dei pensieri che le giravano per la fantasia; si dimostrava in quella vece molto curiosa dei pensieri, delle opere e perfino delle omissioni di Ginevra; pel rimanente, aveva a parlarle molto di teatri, di veglie, e di nuove fogge parigine. Ma non dubitate, tra i nomi degli eleganti cavalieri che cadevano sotto la penna della francese, Ginevra indovinava subito quello che all'amica premesse di più, quantunque buttato l
Messe sulla carta queste poche cose, a mo' di preambolo, il padre Bonaventura veniva difilato a toccare della amicizia di Ginevra colla viscontessa Onorina Roche Huart, nata de Kérouèc, amicizia nata tra le mura del monastero e tenuta viva da un lungo ed abbondante carteggio.
Nella camera, solo la donna di servizio aiutava l'amica in quelle cure; la scena era avvenuta così rapidamente e tanto lontano dal centro della festa, che nessuno, neppure la viscontessa appartata in un salottino con qualche altra signora sofferente, se n'era accorto. «Desideri qualche cosa?... Vuoi che chiami tua zia?...» Ritrovando le sue forze a quella minaccia: «No... no!...» rispose Massimiliana, sollevatasi un poco sul letto; «ecco, è passato...» E, abbracciando l'amica: «Grazie... grazie!... Vorrei soltanto, come un favore, restare un poco sola...» La contessa insisteva per tornare più tardi; ma l'altra ripeteva: «Grazie, non occorre... È finito; ora sto bene...» E sorrise.
Ermanno si era messo a cavalcare dalla parte della viscontessa d'Archenval, alla quale, nelle poche volte che l'aveva incontrata, aveva dimostrata una simpatica premura. Le sue sofferenze, i rapporti che passavano fra lei e Massimiliana, gliela facevano considerare con raddoppiato interesse; e come la viscontessa aveva una volta dichiarata la sua passione per i fiori, egli gliene aveva mandato spesso interi canestri. La signora d'Archenval ricambiava cordialmente la sua simpatia, ed in quel momento stesso lo ringraziava, col sorriso un po' triste d'inferma, dei suoi doni gentili. Ermanno fissava di tratto in tratto lo sguardo sulla signorina di Charmory, che gli stava di fronte. Ella spariva sotto un mantello-veste di panno grigio con striscie di petit gris, e girava un'occhiata distratte per il paesaggio. La viscontessa, sepolta fra le pelliccie e i plaids su cui teneva dei mazzi di fiori campestri, aveva le magre guancie soffuse d'un leggero incarnato e respirava con le labbra un poco dischiuse, battendo spesso le palpebre. La sua figura disfatta formava uno strano contrasto accanto alla contessa Rosalia, che portava un mantello di lontra foderato di raso rosso e un cappello a barca di feltro muschio, e che, piena di salute e di vivacit
La viscontessa si era tutta rallegrata di quella trasformazione, uno dei suoi più grandi motivi di dolore svaniva; ma il visconte, ricorrendo ora all'aiuto del suocero, che non glie lo negava mai, si era dato con maggior foga al suo vizio.
La viscontessa era caduta sul divano, con la testa sul petto, ansimante. «Perdono!.... Perdono!... hai ragione... è colpa anche mia... è stato mio padre... oh!...» Come un singhiozzo le aveva lacerata la gola, Massimiliana era caduta quasi in ginocchio dinnanzi a lei, brancicandola: «Sei tu che devi perdonarmi.... Povera donna! non ti accusare... Che colpa è la tua?.. Sono stata troppo vivace; perdonami...» Allora la viscontessa aveva rotto in pianto. Era un nodo che aveva nel petto, da anni: vederla soffrire in silenzio, senza poter far nulla... e mai un lamento... mai un rimprovero... come una martire... «Oh, Maxette!... povera, povera!...» «Basta!.. tranquillati!..» interrompeva Massimiliana; «buon Dio, basta!.. Vedi: anch'io sono tranquilla... Ma lasciami andare... è giorno chiaro, c'è gi
Dapprima, ella aveva coinvolta la viscontessa nell'odio per il padre, quasi anch'ella fosse responsabile dell'infamia commessa da lui; poi anche il suo principio di odio era caduto. Non una parola s'era scambiata fra le due donne, ma la viscontessa aveva tutto saputo, ed era di dolore che ella moriva. Ogni volta che i suoi sguardi si arrestavano su di Massimiliana, una dolente piet
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