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XVII. L'Alleato. E confesso altresì che, se le speranze in lui poste, se gl'impegni espressi o taciti con lui presi mi paiono cosa rischiosa e ad altri e a lui stesso; la dimenticanza di quegli impegni o la disperazione improvvisa mi pare assai più rischiosa. Confesso che alla sua entrata in Torino, dopo i memorabili cimenti suoi e del suo esercito, dopo la Lombardia, o parte almeno della Lombardia, liberata, nonostante la pace di Villafranca, avrei voluto men fredda accoglienza, acciocchè fin l'ombra della ingratitudine fosse dagli avvantaggiati e dai deboli allontanata, acciocchè il giusto dolore de' fratelli rimasti sotto il giogo e in agonia non fosse potuto imputare a sentimenti di presuntuoso dispetto, acciocchè l'angoscia appunto de' fratelli non fosse aggravata dalla tema che il potente irritato li abbandoni per sempre alla loro misera sorte. Io so bene che non si fa forza agli affetti, che non è degno simulare la gioia, e ridurre a cosa teatrale i trionfi: ma se quello era pretto e profondo dolore del benefizio non compiuto, pare a me che dovesse durare un po' più, e con più efficaci segni, e non in quell'incontro, essere significato. Il pensiero di quella giornata mi sta sempre dinanzi; e mi umilia non solo per il vincitore salutato così, ma e per la nazione che dalla sua improvvida credulit

Manlio, dittatore, facendo decapitare in sua presenza il valoroso suo figlio vincitore d'un gigante latino che avea sfidato a pugna singolare i migliori dell'Esercito Romano, perchè avea trasgredito il divieto dittatoriale di non uscire dalle fila.

Per miracolo d’amore ella è ritta ancora al suo posto fra noi, immateriale, invisibile, ma presente, ma nostra. Con una scintilla caduta dal faro della sua fede, accendiamo nei cuori le lampade. Nel suo nome e nella sua immagine glorifichiamo in noi il sacrifizio volontario, la tenacia combattente, l’ottimismo vincitore, l’umanit

Non vo' patir ch'un leggiadro aspetto abbi veduto, e guadagnar nol tenti. Rispose a lei Zerbin Non so a ch'effetto l'uom si metta a periglio e si tormenti, per riportarne una vittoria, poi, che giovi al vinto, e al vincitore annoi.

Allorquando poi Mohammed II, vincitore di Costantinopoli, minacciò i possesi veneti nel levante, e la repubblica strinse alleanza colla Persia contro il comune nemico, andarono in quella regione i veneziani Lazaro Quirini, Caterino Zeno, Giosafat Barbaro, Paolo Ognibene ed Ambrogio Contarini, i quali nelle loro relazioni, nei dispacci e nelle esposizioni fatte al senato lasciarono importantissime descrizioni dei luoghi da essi visitati .

Lo credo. Per compiacervi non feci sospettare al duca che vostro marito potesse essersi recato da donna Livia. Ma non vel dissi, principessa? Mio marito è valorosissimo, tenuto per uno dei primi schermidori.... Ha avuto molti duelli, e sempre riescì vincitore.... Se si batteva col duca, poteva ucciderlo prima ch'ei punisse sua moglie.

Sennonché, qualora la terminazione surriferita avesse effettivamente avuto esecuzione, sarebbe molto difficile che non si fosse conservata fino a noi alcuna moneta di Modon o di Coron, battuta sotto Pietro Gradenigo e sotto i costui successori fino ad Andrea Dandolo. Eppure a nessun pezzo di Pietro Gradenigo, di Marin Zorzi, di Giovanni Soranzo, di Francesco Dandolo e di Bartolomeo Gradenigo non puossi applicare il nome di tornese; dal disegno prender argomento a tenerli altrove battuti che nella zecca di Venezia. Escludendo il ducato d'oro che si possede di que' dogi, le monete conosciute di Pietro Gradenigo sono le seguenti: il [I[piccolo]I] coniato la prima volta da Sebastiano Ziani sul modello de' denari imperiali, il [I[grosso]I] cuso primamente da Enrico Dandolo, il [I[marcuccio]I] di bassissima lega che pure avea dato fuori il doge vincitore di Costantinopoli, il doppio[I[ quartarolo]I] e la sua unit

Oh! meno male. Chi ha studiato un po' la nostra storia, sa che, all'indomani della pace, esercito e Congresso entrarono in lotta: vincitore dello straniero, l'esercito aveva la velleit

«Ambedue lo ferirono. Rhèdi rimase sul campo; Ibrahim tutto sanguinoso tagliò la testa di Roberto, e senza pure fermarsi a fasciare le ferite corse a deporla ai piedi di Zulema; quivi cadde, e andò a dimorare co' suoi maggiori. Pe' savii della guerra fu dichiarato vincitore Ibrahim

Rimase parecchi anni ridotto a pochi partigiani oltre a Matilde, che nel 1098 sposò Guelfo d'Este, figlio del duca di Baviera. Nel 1090 poi, Arrigo, giá vincitore in Germania e liberato di Ermanno che aveva rinunciato alla corona usurpata, ridiscese per la terza volta in Italia, non migliorato dalle sventure.