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Aggiornato: 29 giugno 2025


Mastro Jacopo gli ha dato a fare qualche cosa sulle sue ultime composizioni. , gli ha dato da calcare i suoi cartoni sul muro e da mettere il colore sui fondi. Ahimè, dell'altro ancora, dell'altro; entrò a dire Tuccio di Credi. Dell'altro? Che cosa? Gli ha dato da dipingere un'intera medaglia nel Duomo vecchio. Mi capite? un'intera medaglia.

Quei cinque lasagnoni, com'egli spesso usava chiamarli, con dimestichezza punto piacevole a loro, si domandavano, Tuccio di Credi, Lippo del Calzaiuolo, Parri della Quercia, Cristoforo Granacci e Angiolino Lorenzetti, soprannominato il Chiacchiera.

Pensò, difatti, quando fu solo, pensò lungamente a tutte le cose che gli aveva detto il vecchio gentiluomo, ed anche ai discorsi di Parri, come a quelli di Tuccio. Benedetto chiacchierone, quel Tuccio! Era lui, proprio lui, che aveva destato quel vespaio, tirandogli addosso tante esortazioni ad un tempo. Spinello, per altro, non poteva lagnarsene troppo.

Tuccio di Credi era tornato in Arezzo, perchè in nessuna citt

Alle beffe dal Chiacchiera. Tuccio di Credi aveva aggrottate le ciglia e si era morso le labbra. Indi, facendo spallucce, aveva risposto: Che grullerie! Basta che il primo venuto dica una cosa per chiasso, perchè tu ci fabbrichi subito un ragionamento. Gi

E Parri della Quercia e Tuccio di Credi, opachi e taciturni lavoratori, levarono gli occhi stupiti a contemplare quel giovine cherubino, che non capiva più nella pelle. Che c'è? disse Parri della Quercia. Vi fiammeggiano gli occhi. Lo credo io! rispose Spinello. C'è... c'è, amici miei, una grande novit

Messer Dardano capì facilmente che il cervello del suo amico andava in processione, e ripigliò tranquillamente il discorso. Voi ricorderete, Spinello mio, che Tuccio di Credi, qualche tempo fa, si era risoluto di andarsene dal vostro servizio. Temeva di esservi inutile, il poveretto! Non ha molta levatura d'ingegno, ma per contro, ci ha un discreto amor proprio.

L'umor nero di Spinello non potè sfuggire all'occhio vigile di Tuccio di Credi. L'astuto malveggente seguiva con attenta cura le fasi morali del suo compagno d'arte, o poichè bisogner

Egli ha certamente avuto a patire una grave disgrazia. Maisì, messere, una disgrazia irreparabile; replicò Tuccio di Credi. Gli è morta una donna a cui era fidanzato. Ah, dovevo immaginarmelo! esclamò il cavaliere. E il suo nome? Spinello Spinelli, aretino; ma i suoi maggiori erano di Firenze. La sua fidanzata, poi, era figliuola a mastro Jacopo di Casentino. Il pittore?

Nel vostro capriccio, nulla. Della sua pasta può far gnocchi ciascuno. Ma il modo!... Vedete? È il modo, che ci offende. Spinello Spinelli viene da voi con un fascio di tocchi in penna. Bellissime cose, degne di Giotto; lo ammetteremo anche noi, se può farvi piacere. Ma come va che tre mesi dopo la sua venuta a bottega egli passa avanti a Tuccio e a Parri, che sono con voi da tre anni? Come va che egli è gi

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s'alceste

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