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Aggiornato: 23 giugno 2025


TRIPERUNO. Io per confonderlo piú, come la materia istessa richiede, volsivi ancora la prosa latina in aiuto de lo argomento porre. LIMERNO. Lasciamo in disparte lo stile tuo, o sia pedantesco o triviale; ma peggio è, che sono quelli versi mordaci de la fama di tale che leggermente potrebbeti offendere.

Se questa Laura mi trasfigurasse in un becco, vorrebbemi piú oltra bene Galanta? LIMERNO. Piú che mai. TRIPERUNO. Come? io sarei pur un becco? LIMERNO. Ed ella una capra. TRIPERUNO. Cambiarebbe ancora lei? LIMERNO. Che 'n credi tu? TRIPERUNO. Io giá comincio temere. LIMERNO. Tien stretto. TRIPERUNO. Forse che non sa ella ancora chi sia lo autore?

LIMERNO. Se tu sapessi la importanza di questo scrivere e lo mandar cosí facilmente a luce le cose sue, vi averessi meglio pensato; ché pagarei un tesoro di Tiberio, non mai ne gli occhi de tanti valentuomini una mia operetta scoperta si fusse. TRIPERUNO. Come farò io dunque, misero me? ch'io debbia un asino devenire?

Ma sei male, Triperuno, su la via di conoscere, in cui posciati ella danneggiare. TRIPERUNO. Avvelenarmi? LIMERNO. No. TRIPERUNO. Farmi con ferro uccidere? LIMERNO. questo ancora. TRIPERUNO. Tôrmi la fama? LIMERNO. Non ha credito. TRIPERUNO. In qual foggia dunque? LIMERNO. Trasformarti in uno asino. TRIPERUNO. Che dite voi? LIMERNO. Un asino, ; tu ti maravigli dunque?

Io sopra ogni altro veggioti volentieri, Triperuno mio. Vero è che lo essermi da la consueta nostra compagnia distratto potevati accertare che da me dovevasi far cosa la quale fusse da essere secreta. Dimmi dunque: hai tu lo nome suo compreso? TRIPERUNO. Non, per il dolce groppo di mia Galanta!

Vedrò, se 'l debil filo non si taglia nel mezzo del cammin di nostra vita, quel raggio, ch'ora il senso m'abbarbaglia, con vista piú vivace e piú spedita. De' bianchi e negri spirti la scrimaglia ben tengo de le muse al monte ordita; ma ch'abbia, se non tutto, almen in parte di Lodovico attendo il stile e l'arte. Non piú Merlino, Fúlica e Limerno oltra sarovvi, ma sol Triperuno.

Ma dimmi, se 'l sai, questi doi versi latini, li quali nel tenero scorzo di esso lauro tu vedi quivi intagliati essere, chi fu lo sottil interpretatore di essi? TRIPERUNO. Isidoro. LIMERNO. Isidoro Chiarino? TRIPERUNO. Esso fu. LIMERNO. Oh divino spirito d'un fanciullo! ché veramente nel sino di Talia succiò le dotte mamme, maggior fama ed onore si arreca lo autore che 'l commentatore loro.

LIMERNO. Quel matto solenne di Fúlica veggio a noi venire. TRIPERUNO. È dunque passato di Perissa in Matotta? Soperstizia Vanitade. LIMERNO. Costui veramente, se non fallo, ha gittato in disparte le sportelle col breviario e vole de' nostri farse.

PAOLA. Anzi totalmente nel ternario numero fermatosi, ha messo a luce il Caos del triperuno. CORONA. Qual Caos del triperuno? LIVIA. El pare che non ti sovvegna! CORONA. Non mi sovviene per certo. LIVIA. Le tre «selve», le quali heri legessimo, e, per segno di ciò, una allegoria bellissima tu di quelle saggiamente cavasti, quantunque io sia di senso molto dal tuo discosto.

TRIPERUNO. Questo altro sonetto appresso di me piú del primo lodevole mi pare: cosa che giá per lo contrario giudicai da prima dover essere, attendendovi quella sorte del «Bagattella» non potere se non li soli consorti disconciare. Ma, come a me pare, de gli altri assai meglio vi quadra.

Parola Del Giorno

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