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CORONA. La ragione. PAOLA. Perché cosí la ragione? CORONA. La quale m'avvisava dover essere peggior Limerno che Merlino. PAOLA. Leggerlo almanco voi dovevati. CORONA. A che perder il tempo? PAOLA. Taci, ché d'ogni libro qualche cosa s'impara. CORONA. Questo è falso. PAOLA. È sentenzia di Plinio. CORONA. Vada con le altre sue menzogne! PAOLA. Negarai tu che d'ogni libro non s'impari qualche cosa?

LIMERNO. Che fai, Merlino? MERLINO. Empiomi lo magazzeno. LIMERNO. Avvantaggiato mercadante sei tu! mangi tu forse? MERLINO. Non hai tu gli occhi da vederlo? LIMERNO. Ben veggio con gli occhi, ma non comprendo. MERLINO. Per qual cagione mi domandi tu adonca s'io mangio, non lo potendo chiaramente vedere?

MERLINO. Ed io quell'istesso ti replico: che meglio sarebbeti mangiare per smaltire che smaltire per mangiare. LIMERNO. Qual fama, qual gloria, qual immortalitade ne averai poi? non ti reuscirebbe meglio mangiar per vivere e, vivendo, acquistarti perpetuitade di gloria? MERLINO. Di qual gloria intendi tu? LIMERNO. Di questo mondo. MERLINO. Aspettava che mi parlassi del cielo.

MERLINO. Deh, mira cotesto zaratano lombarduzzo come si mette al rischio di saper ragionar toscano, ove egli non men si affá d'un asino a la lira! LIMERNO. Che zaratano? che lombarduzzo? Come se un conte di Scandiano, un Ludovico Ariosto, un Tebaldeo, un Lelio, un Molza ed altri molti valentuomini non fussero in Lombardia nasciuti! MERLINO. Non sei tu giá del numero loro?

O meschino me! se la unica mia signora e divinissima dea giammai presentisse lo suo Limerno aver dimorato una bona pezza con un lordissimo porco, or che direbbe? or che farebbe ella? Per lo vero, non mai piú se non con torto sembiante mi guardarebbe.

LIMERNO. Molto è bello e artificioso, ma, per quello che me ne paia, oscuro e faticoso. FÚLICA. Deh, per lo amore de la passione di Cristo, non siate cosí ritrosi a la salute vostra! Lasciatimi finire, non mi sconciate dal bono e santo proposito, ch'io sono certo delettarannovi li miei ragionamenti.

Se questa Laura mi trasfigurasse in un becco, vorrebbemi piú oltra bene Galanta? LIMERNO. Piú che mai. TRIPERUNO. Come? io sarei pur un becco? LIMERNO. Ed ella una capra. TRIPERUNO. Cambiarebbe ancora lei? LIMERNO. Che 'n credi tu? TRIPERUNO. Io giá comincio temere. LIMERNO. Tien stretto. TRIPERUNO. Forse che non sa ella ancora chi sia lo autore?

TRIPERUNO. Questo tal comporre a l'altrui petizione difficilmente può sodisfare a coloro li quali non vi hanno parte alcuna. Ma ditemi, prego, avanti che da voi mi parta, lo soggetto de' quattro sonetti. LIMERNO. Dirottilo ispeditamente.

Pensa tu qual eccidio, qual ruina sarebbe del mio stomaco! LIMERNO. Ferrara e Mantoa di molte qualitadi si corrispondano. Ma voglio che, come ora ti concessi lo mio cantar latino, cosí non manco tu ti comporti ne l'ascoltarmi un breve capitolo. MERLINO. Chi fu lo autore di esso? LIMERNO. Perché ciò mi domandi tu?

solamente la flemma causa moltiloquio e nugacitade, ma tutte l'altre operazioni del corpo rende piú tarde e pegre; al contrario d'uno che collerico sia, lo quale il piú de le volte le cose comencia due fiate, non riescendogli bene la prima per l'ingordigia solamente del soperchio desiderio. TRIPERUNO. Tu vòi forse inferire che egli flemmatico ti neca! LIMERNO. Che vòl dir «neca»?