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Se questa Laura mi trasfigurasse in un becco, vorrebbemi piú oltra bene Galanta? LIMERNO. Piú che mai. TRIPERUNO. Come? io sarei pur un becco? LIMERNO. Ed ella una capra. TRIPERUNO. Cambiarebbe ancora lei? LIMERNO. Che 'n credi tu? TRIPERUNO. Io giá comincio temere. LIMERNO. Tien stretto. TRIPERUNO. Forse che non sa ella ancora chi sia lo autore?

C olui che l'ebbe in mano fu l'egregio, E gregio mio Grifalco, il qual non ebbe, N on ha, non avrá mai di piú fido. S trinse Galanta mia fra l'uscio e muro. E lla morí chiamando: Triperuno! M a 'l giovene magnanimo e cortese V olse che d'alabastro un fino vaso S epolcro fusse a la gentil mustella. Cogimur exiguam deflere Galanthida, virtus quippe sub exiguo corpore multa fuit.

D i passo in passo mi volgeva a drieto, E rrando e qua e come stordito. S tettesi la malvagia su duo piedi T utta minace in vista e neghittosa. R esto ancor io nel folto d'una macchia, V edendo lei ma non da lei veduto. C essò dunque la vecchia scellerata T ener piú via d'avermi allor nel griffo; O nde, quindi partita, io mi discopro R itornando a veder ov'è Galanta.

Io sopra ogni altro veggioti volentieri, Triperuno mio. Vero è che lo essermi da la consueta nostra compagnia distratto potevati accertare che da me dovevasi far cosa la quale fusse da essere secreta. Dimmi dunque: hai tu lo nome suo compreso? TRIPERUNO. Non, per il dolce groppo di mia Galanta!

T orsi la fronte, ed ecco for d'un bosco I o vidi una dongiella scapigliata V enir fuggendo, ed ha chi l'urta ed ange S empre battendo lei con aspra fune. S tetti prima qual sasso; ma dapoi, Q uando comprendo il viso di Galanta, V olgo le spalle piú d'un strale in fretta A Fúlica per trarla for d'affanni. R ompeva la meschina l'aere intorno C on alte strida e suon di petto e mani.