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Vedi come l'estreme parti abbraccio, e quanto puosso faccio sol per accomodarti l'uman seggio, ove di quanto sai voler provveggio. Mira quell'ampia zona come obliqua mi volge a drieto, onde ne vado e riedo insieme, ostando al mio tornar ratto.

Io ho finto averci fatta grande opera; gli ho data speranza di condurla, ancor oggi, alle voglie sue. LIDIO. Questa è ben cosa da ridere. Ah! ah! ah! Ed or mi ricordo che, l'altro , tornando io da Fulvia in abito di donna, mi venne drieto un pezzo; ma non pensai che fusse per innamoramento. Si vuol mandarla innanzi. FESSENIO. Ti servirò bene: lassa fare a me.

Io a lei me ne vo; voi in ordin vi mettete. LIDIO femina. Va' e torna, ché in punto ci troverrai. FANNIO. Lidio, avíati. Io, or or, drieto a te ne vengo. Ruffo, duo parole. RUFFO. Che c'è? FANNIO. Io ti dirò un secreto tanto a proposito di questa cosa quanto tu mai immaginar non potresti. Ma guarda che tu non lo dica, poi. RUFFO. Non mi lassi avere Dio cosa che io brami, se io ne parlerò giá mai.

Me voresti fare le male cose come fa lo mastro alli scolari, eh? CURZIO. So ch'el confessa senza tratto di corda. MALFATTO. Ché non me li date qua, se volete? CURZIO. Non ho dinari appresso. Vieni, su la fede mia. MALFATTO. Andiamo, ! Volete che venga dinanzi o drieto? CURZIO. Vieni come vòi tu. Oh che dolce spasso è questo di costui!

FULVIA. Ruffo mio, vivi lieto, ché mai piú povero sarai. RUFFO. E tu non piú scontenta. FULVIA. E quanto posso aspettarlo? RUFFO. Subito che sarò in casa. FULVIA. Ti manderò drieto Samia perché tu me avvisi quel che te ne dice lo spirito. RUFFO. Fa' tu. E ricordati che anche lo amante si presenti spesso. FULVIA. Oh! oh! Non curare, ché ará denari e gioie a iosa. RUFFO. Resta in pace.

Apparso è il delfino; tempesta fia. Voglio un poco starmi cosí da parte e udire quel che ragionano. POLINICO precettore, LIDIO padrone, FESSENIO servo. POLINICO. Per certo, non mi saria mai caduto ne l'animo, Lidio, che tu a questo venissi; che, drieto andando a vani innamoramenti, sprezzatore de ogni virtú sei diventato. Ma di tutto do causa a quella bona creatura di Fessenio.

Ma, levatasi poi la consueta tempestade di nostra carne, ecco la voluptade, ecco 'l desio sotto il viso di vaga dongella, sul sboccato cavallo de la delettazione, lo riconduce al varco de le due strade, per tirarsilo drieto a la sinistra del vizio, lasciando la destra de la veritade.

Va' inanzi; fermati all'uscio: e io, cosí, di drieto a te ne vengo. Quanto sta bene questa bestia sotto la soma! Sciocco animalaccio! Intanto che io menerò, per l'uscio di drieto, quella scanfarda, bisognerá pure che Lidio si lassi baciar da costui. Ma, se gli baci sui li fiano fastidiosi, li parranno poi piú suavi quelli di Fulvia. Ma ecco Samia. Non ha visto Calandro. Dirolli due parole.

LIMERNO. Con la musica di drieto, la quale mantengono con la eguale battitura de' calzi, non mai alterandovi la misura. MERLINO. Dunque lo asino ha una parte da natura piú de gli altri animali. LIMERNO. Come cosí? MERLINO. Che l'asino con due voci in una istessa musica può cantare. LIMERNO. Anzi può cantare, sonare e battere insieme. MERLINO. Annòdavi un altro groppo a questa virtú.

Miraculosa gagliardia di quel muletto che porta cosí sconcio elefantaccio! CALANDRO. Fulvia! o Fulvia! FULVIA. Messer, che vuoi? CALANDRO. Fatti alla finestra. FULVIA. Che c'è? CALANDRO. Vuoi altro? Io vo insino in villa, ché Flaminio nostro non si consumi drieto alle cacce. FULVIA. Ben fai. Quando tornerai? CALANDRO. Forse stasera. Fatti con Dio. FULVIA. Va' in pace, col mal anno.