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TRIPERUNO. Ho ben io piú volte inteso queste donne aver possanza, con non so che unguenti, voltar gli uomini in becchi. LIMERNO. Anzi, assai piú becchi fanno che castroni. Quanti oggidí conosco io, li quali giá per violenzia de suffumigi da queste maghe adoperati furono in bovi, buffali ed elefanti conversi! TRIPERUNO. Questo saria ben lo diavolo!

Chi fu lo compositore di que' versi, li quali oggi furono da tutta la corte in una querza letti e biasmati? TRIPERUNO. Perché, caro maestro? sapeno forse come gli altri miei? LIMERNO. Di che? TRIPERUNO. Di mastro di scola. LIMERNO. Perché cosí ': «mastro di scola»?

Caro germano, potriati facilmente pervegnire a le orecchie che, favoleggiando noi, Fúlica e Triperuno insieme, ed io con loro, de la miracolosa dottrina de uno asino, mi occorse adducerti in testimonio o sia esempio di coloro li quali, non sapendo parlare, si intromettono temerariamente fra gli saputi e savi uomini a ragionare de li altrui fatti e costumi, volendosi elli con lo biasmar altri mostrarsi di qualche onore e reputazione degni.

TRIPERUNO. Dogliomi essere uomo di turba e vulgare; ma, la dolcezza di vostre muse ovunque mi volgo sentendo, non men di ferro a la tenace calamita son io da quella tirato. Nulla di manco, se da me voi sète del vostro singular concento impedito, parendovi, ora mi parto e solo vi lascio. LIMERNO. Solo non è chi ama, anzi de' pensieri ne la moltitudine sommerso!

Ma solamente un bell'avviso quivi darti intendo: che totalmente sul ternario numero siamosi, per conveniente ragione, fundati. Prima tu vedi lo titolo del libro essere tre parole: Caos del triperuno. Segueno poi le tre folenghe, ovver fòliche son dette, le quali sono antiquissima insegna di casa nostra in Mantoa.

TRIPERUNO. Assai piú duro soggetto potrebbevi sotto la sorte che sotto lo beneplacito del poeta accascare. LIMERNO. E questa tua ragione qualche bona iscusazione appresso gli uomini intelligenti recarammi, se non cosí facili, come la natura del verso richiede, saranno.

LIMERNO. Ah! ah! ah! ridi meco, Triperuno mio! vedi questo insensato come ha pregato non so che suo dio per me, come se altro iddio fusse piú di Cupidine da esser temuto e pregato. TRIPERUNO. Ascoltiamolo, caro maestro, ché egli giá si leva da la orazione.

TRIPERUNO. Li quali, per la varietá de' stili da loro adoperati pedantescamente, come voglio dire, scrivono e fanno un Caos non men intricato del mio. LIMERNO. Io bene di cotesto tuo ravviluppato Caos mi sono maravigliato, lo quale potrebbe a gli uomini dotti forse piacere; ma non lo credo, e spezialmente per cagione di quelle tue postille latine suso per le margini del libro sparse.

Tu non conosci ancora, buono uomo, la rabbia d'una adirata ed orgogliosa donna, la quale tengasi da qualcuno oltraggiata e sprezzata. TRIPERUNO. Qual bene o male posso io sperare o temere da questa larva o volsi dire Laura? LIMERNO. Voglia pur Iddio che tu non ne faccia veruna isperienza!

I ncomenciò l'altiera: O Triperuno, V assallo mio, de gli altri non men caro, S appi che 'l tuo Limerno saggio e raro T'ha impetrato da me quel che nessuno I n questa corte mai gioir non puote. N ove anni e sei non passa una fanciulla: A te la dono e facciovi la dote.