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La misericordia mia. E tengo me medesimo, cioè che con la misericordia tengo la divina mia giustizia per vincerli per forza di misericordia. Ma essi, come obstinati dimòni, non cognoscono veggono la misericordia mia; ma, quasi come se credessero avere per debito ciò che egli hanno da me, perché la superbia gli ha aciecati, non veggono che l'hanno solo per grazia e non per debito.

"Queste le tengo," pensò Nan

OLIMPIA. Ho tanta speranza ne' meriti dell'amor mio che con mille catene piú dure di queste ci legheremo con nodi d'inseparabil compagnia, basterá alcun accidente schiodarle se non la morte. LAMPRIDIO. O Dio, non è questa Olimpia mia? non è questa la sua figura angelica? non la tengo abbracciata io o forse sogno come ho soluto sognarmi altre volte? OLIMPIA. Sento gente venir di su.

Me voglio partire, ca sta cosa è pe venire a fietu. Te tengo alla camera de miezo; viene e famme na cura co lo muto. CAPPIO. Mi volere serrare le ostellerie, bone notte, e se non la volere, la mala notte. GIACOCO. Serra, ca te sia serrata la canna dello manduoco co no chiappo. O negrecato Iacuoco, ca no saccio che m'è ntravenuto, ca sto peo che se fosse ncappato nmano de turchi.

Tanto meglio.... ma l'avvenire è in mano di Dio.... invece i vostri vestiti li tengo nelle mie mani ogni giorno, ne conosco tutti i sdruciti e le mende, e vedo la necessit

Qualche volta egli riusciva ad aver un colloquio a quattr'occhi con lei, e usava della sua eloquenza, che non era poca, per convincerla ch'egli non poteva agir diversamente da quello che agiva. Credilo egli le diceva è anche nell'interesse del nostro matrimonio che tengo questa via. Vedendomi assestato, economo, previdente, tuo padre avr

MALFATTO. Vedi che pur me ssi è ricordato lo nome. Oh che poco cervello! Gran cosa ch'io non tengo troppo bene a mente! e sono cosí grande! CECA. Dove sei? non odi? Oh poco-in-testa! MALFATTO. Che volete? CECA. Adesso viene abasso. MALFATTO. , , venga pur, ché lo mastro l'aspetta ed è un pezzo che sta in ordine. IULIA. Chi è quello che vole Minio? MALFATTO. Simo noi, ché lo vole lo mastro.

Il nostro fante è affiatato colla pioggia, glorioso impasto di grigio-verde bagnato bestemmie cicche, peli di barba, pidocchi, capelli polverosi, sguardi di buon cane, risata furba, verruche, sudore, fango, l'innamorata e piccirilli, signor tenente, l'ultima m'è nata... tengo la fotografia... e la pagnotta. Filiamo avanti coi bersaglieri ciclisti.

Cumme vo' Dio... levo nu poco a Sant'Eliggio a sentí a patre Bonaventura ca préreca, e a pigliarme 'a benedizzione... Vuie comme state? Eh... Comm'aggia sta?!... Trasite, Nunziá. Tengo na cosa pe buie. V'aggio astipato stu taglio 'e raso in lana. Giesú! E pecché v' 'o vulite levá? Nonzignore!... Pigliatevillo, si no mm' 'o ttengo p'offesa, Nunziá!... Ma vedite! Lassate sta!...

Ora dunque mi tengo certa del mio ascendente sopra di lui; farò di non perderlo.... Cogli uomini come il duca occorrono molte precauzioni; saper indovinare quando una cosa, una parola può far buona impressione o cattiva.... insomma.... Ed ella sorrise. Dopo quanto aveva detto, il conte avrebbe potuto risponderle: Mi rimetto in voi, signora; ma ei nol fece. Ella proseguì.