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Aggiornato: 7 giugno 2025
Monsignore rosicava nel tempo stesso una tavoletta di cioccolatte e dava dei colpi di piedi ad una mezza dozzina di gatti che si stropicciavano alle sue calze violette. Perchè i vescovi amano i gatti? Monsignor Laudisio stese la sua mano al prete che la baciò, piegando il ginocchio, e lo lasciò in piedi senza dir motto.
Giorno di venerdì. Mai. Sabato. Non ha lezione. Domenica. Domenica. Domenica forse potrei.... È qui che viene. Parlate forte. I realisti non vogliono capire che il simbolo.... NENNELE e detti. NENNELE entra senza parlare e va a sedere dov'era prima. Ebbene? Non c'era nessuna tavoletta, nè abbozzata, nè da abbozzare. Non hai trovato? Nella piccola cassetta.
HELMER con lieve imbarazzo. Un mio compaesano. Un grande amatore d'arte. Ah! Ah! HELMER piano a Giulia. Non vi si vede più. Sono venuto due mattine laggiù! GIULIA c. s. È stata lei. A Nennele. Mi fai il piacere, Nennele, di scendere dabbasso, dove tengo i miei arnesi di pittura, e di prendermi nella cassetta grande dei colori, quella tavoletta che ci troverai appena abbozzata? Bada che è fresca.
La direzione ci ha fatto comunicare che potevamo rimandarli a chi ce li aveva spediti o regalarli all'ospedale di Finalborgo. Non potendo mangiarli noi, abbiamo votato per gli ammalati. «Federici, ci tiene in piedi col suo cioccolatte. Non appena ci si porta la pagnotta, egli va da tutti con una tavoletta e li costringe ad accettarla.
Né si curava di freddo o di fame, per le servite, o di piogge o di venti, ed ogni stravaganza sofferiva, anzi lodava, anzi pur benediva. Spesso con esse alla lor tavoletta si ritrovava e mai non stava fermo. Or tien lo specchio, or fiorellin rassetta, e le guatava che pareva infermo. E poi diceva piano: Oh benedetta! oh occhi! oh bocca! omè, non ho piú schermo, so dir ch'io ardo sin nella midolla.
Ah, ah! come si vota quest'oggi! ridendo. Il ponte dei suffragi è pigliato d'assalto. Qua la tavoletta, distributore, e via! Eccola gi
Fece un breve studio sull'orario delle corse e vide che, partendo la mattina col battello delle sei da Cadenabbia, poteva essere a Lugano per le nove e di ritorno al Castelletto sull'imbrunire. Prese con sè una valigietta in cui pose un libro, un pezzo di pane e una tavoletta di cioccolata, ma si accorse di non aver denaro: nè volle chiederlo alla mamma.
Io mi accostai allo stipetto, toccai le lettere che componevano il nome, ed una tavoletta rientrò, lasciando in vista un tiratoio. Il duca conservava quivi i suoi crachats, i suoi gioielli, i suoi danari, delle cedole di Banca. Un sacchetto in velluto violetto attirò i miei sguardi. Lo presi. Egli me lo strappò di mano, dicendo: Sono quivi delle carte di mia madre.
Sopra gli scaffali bassi, pieni di libri, sono disposti lungo il muro vasi di maiolica, cofanetti di legno e di cuoio, stampe in cornice, una pace di niello, qualche statuetta religiosa, qualche madonna, qualche santa in tavoletta d’oro. Un gravicembalo a due tastiere, d’un color chiaro d’avorio ornato di tenui ghirlande, è in un canto della camera con un quaderno di musica sul leggìo.
Entrò nella sua camera; si diresse verso il mobile ove erano le carte; l'aprì; scostò la tavoletta; fece scattare le molle della toppa secreta; cercò il taccuino violetto; rimestò... ancora; si fregò gli occhi; rimosse tutti gli oggetti; visitò tutti gli spigoli; portò le mani alla sua testa; vacillò... e cadde sopra una sedia.
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