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Ero come coloro che un morbo incurabile affligge: i quali, pur assistendo al progressivo dilatarsi del male, pur non nutrendo illusioni sul proprio stato e sulla propria sorte, stanno tuttavia attaccati alla vita perchè quel tenue filo ve li lega ed essi non trovano in il coraggio di spezzarlo. Appena restai solo in faccia alla realt

Un giorno, dopo lunghe veglie, ero così stanco che un sonno irresistibile mi colse a punto mentre tenevo le mani sotto le coperte e avvolgevo nel panno caldo i piccoli piedi morti. Reclinai la testa, e restai l

Un silenzio grave piombò nella camera non appena, finita la lettura, Pietro ripiegò il foglio e lo rimise nella busta. Lidia ed io avevamo compreso che la lettera lasciava tranquilli i signori Folengo; onde ella, prima colle braccia stese e chiuse fra le ginocchia in atto d'angoscia, sollevò la testa guardandomi: io restai muto ad aspettare. Ebbene? cominciò mia suocera.

Taci... taci.... e si metteva un dito sulla bocca e alzava gli occhi al cielo. Taci. Ho resistito, oh! se gli ho graffiato la faccia.... Ella cacciò allora la testa sotto il guanciale, ed io restai solo col lucignolo agonizzante.... Una scampanellata che venia dalla camera di Don Luigi interruppe il racconto terribile del povero vedovo.

Le conosco, signorediss'Emilia, «e mi accorgo che voi non ci credete. Io ne dubitavareplicò Dupont, «prima dell'epoca di cui vi parlo; ma il racconto di Montoni aggravò i miei sospetti, e restai quasi persuaso ch'ei fosse un assassino. Tremai per voi.

Sappia il mio caro Cappio che dal che mi partii dalla mia Altilia l'anno passato da Salerno, restai il piú misero ed infelice uomo che viva; ma ben aventurato e felice che, in questa mia miseria ed infelicitade, la memoria de' ricevuti favori e la speranza di avere a tornar presto a rivederla son stati saporitissimo cibo alla fame e al digiuno de' miei pensieri, che agl'incendi miei desideravano rinfrescamento; ché s'io avessi voluto con importuna temeritá violar la modestia, la generositá dell'animo suo e il merito del suo amore, arei conseguito da lei quanto desideravo.

ESSANDRO. Un poco piú che fusse tardato a partirsi, avrebbe veduto le lacrime ancora, ché non potea piú ritenerle. Fu tanta la doglia che strinse il cuore a questa nuova, che restai tutto conquiso; poi rivenuto e riscaldato, m'andò l'umore agli occhi: sento le lacrime, eccole cader fuora.

Dall’invetriata ch’era nel fondo le stelle macchiavano il corridoio d’una luce fredda e verde. Non risposi. La vidi andar via rapidamente. Io restai qualche attimo ferma; il cuore mi batteva. Poi, siccome sentivo le mie trecce sciogliersi, andai, camminando su le stelle, a chiudere quella porta spalancata. Entrai nella mia camera senz’accendere il lume.

Il rammarico mi gonfiò di lacrime il cuore. Appoggiai i gomiti sul davanzale, mi presi la testa fra le palme; guardando fiso il meandro del fiume in fondo alla valle plumbea, mentre la compagine del cielo si dissolveva senza posa, restai qualche minuto sotto la minaccia d'un castigo imminente, sentii sovra di me pendere una sventura ignota.

Lo sommo er’ alto che vincea la vista, e la costa superba più assai che da mezzo quadrante a centro lista. Io era lasso, quando cominciai: «O dolce padre, volgiti, e rimira com’ io rimango sol, se non restai». «Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira», additandomi un balzo poco in sùe che da quel lato il poggio tutto gira.