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Aggiornato: 29 maggio 2025


Vae mihi, che lo veggio venir tutto queribondo in vista! Orsú, per riconciliarlo col figlio mi bisogna funger l'ufficio di buon retore, in che io ho versato molti lustri. Mi servirò del genere deliberativo per commoverlo e vi mescolerò un poco del demonstrativo. Deh, perché non ho ora il mellifluo eloquio di Demostene o del moltiscio Cicerone? Ho giá l'invenzione: ecco la disposizione.

La descrizione che il retore d’Antiochia tratteggia della Corte di Costanzo è ancor più spaventosa di quella di Ammiano. «Vi si vedeva una folla oziosa, sfacciatamente mantenuta, mille cuochi, in numero non minore i barbieri, ancor più numerosi i coppieri, sciami di scalchi, di eunuchi, più fitti delle mosche sugli armenti in primavera, e innumerevoli vespe d’ogni specie.

È difficile. Poichè io ho l'abitudine di dare forma letteraria ai pensieri, voi troverete probabilmente nelle mie parole l'esagerazione del retore. Non avete gi

Il secondo piú retore, piú intralciato, piú barbaro in tutto, non interessa quasi se non per li fatti che si trovano nelle lettere di lui, e nel ristretto della sua Storia dei goti compendiata da Iornandes.

Si aspettava ognuno, sulle miserrime condizioni di Napoli, udire un tribuno terribile: scappò fuori un retore leccato, artificioso, cavilloso, puerile, pedante, freddo. Zuppetta morì. Che cambi parte. Il tribuno non va più.

Libanio fu uno dei personaggi più cospicui del mondo ellenico nel secolo quarto. Nativo egli pure, al pari di Ammiano, di Antiochia, Libanio, letterato e retore insigne, empì della sua attivit

Temistio era uno dei più insigni personaggi dell’epoca. Scrittore e retore famoso, egli teneva scuola a Costantinopoli, ebbe il favore di tutti gli imperatori da Costanzo a Teodosio, e sostenne anche l’alto ufficio di prefetto di Costantinopoli. Senz’essere ascritto al cenacolo neoplatonico, egli era un ellenista fervente. Ma, spirito alto e generoso, raccomandava sopratutto la libert

¹⁰⁷ Idem, I, 243, 23 sg. ¹⁰⁸ Iulian., 268, 10. Libanio narra come Costanzo, non ammettendo nessuna possibile conciliazione, munisse tutte le vie per le quali Giuliano poteva venire dalla Gallia in Oriente. «Ma questi, lasciando che i suoi nemici custodissero le vie comuni, ne percorse una, insolita e breve, e piena di ostacoli, come se Apollo lo guidasse e gli appianasse i passi difficili. Così, sfuggito a coloro che dovevano fermarlo, al momento opportuno, apparve, quasi sorgendo dall’abisso, simile ad un pesce, scampato dalla rete, che si nasconde sotto le onde del mare, non visto da quelli che stanno sul lido»¹⁰⁹. Altrove il retore esprime tutta la meraviglia dei contemporanei per l’audace novit

Dalle pagine di Libanio esce fuori un’imagine attraente e geniale. Ardente di spirito, appassionato dei più nobili ideali, generoso ed eroico, il giovine imperatore ci appare veramente degno dell’ammirazione e dell’amore di cui lo circondavano i suoi amici, i suoi maestri, i suoi soldati. Certo, Giuliano era un uomo squilibrato. La sua fantasia bollente e disordinata si univa, in modo singolare, alla pedanteria del retore e del formalista. Ma c’è in lui un soffio eroico, qualche cosa di giovanilmente baldanzoso, un sentimento vivo della civilt

Un altro effetto dell'internazionalismo era poi lo svalutamento di tutti i titoli nobiliari artistici e letterarî. È bensí vero che quando Virgilio aveva scritto da un pezzo l'Eneide, i Germani d'Arminio ululavano i loro belluini barditi; ma, ammessa la concezione «scientifica», quale nipote di Virgilio vorrebbe essere tanto rètore da inorgoglirsene di fronte a un nipote d'Arminio?

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