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Berto Candriani, che quella sera medesima si era recato al teatro Goldoni, per veder chi ci fosse e per far qualche visita nei palchi, non appena fu in platea ed ebbe girato intorno lo sguardo, si rallegrò seco stesso della sua buona idea. Com'è bella! egli borbottò, senza badare a quelli che gli stavano addosso e lo urgevano da tutti i lati.

Breve questa volta fu la discussione: gli accaniti farisei ne dissero di cotte e di crude, onde il povero governatore dovette comandar che G. C. fosse battuto con le verghe. Cresceva lo strazio della platea. Non un soffio, non un colpo di tosse, non un sospiro.

Altre voci umane si alternano sul palcoscenico, l'uditorio della platea vuol sentir tutto, e zittisce spietatamente le dee che fanno chiasso sui lati. Viva dunque la musica!

Tutto ciò che era accaduto non poteva essere stato che un capriccio del caso: pure era la seconda volta nel termine di poche ore, che io vedeva una persona alla quale egli aveva dato segno di predilezione, venir colpita improvvisamente da una sventura. Rientrai nella platea.

Aloise di Montalto era quella sera in teatro, e stava appunto in platea, dando le spalle a quel palchetto di prima fila dov'era comparsa la splendida gentildonna, con una veste scollata di stoffa azzurrina, che lasciava scorgere i purissimi contorni del collo e degli òmeri, e le braccia ignude.

Mi tornò alla mente la descrizione della vita notturna degli animali nelle foreste vergini fatta dall'Humboldt; quella gazzarra di trecento giovani accompagnava colla voce, con mirabile sangue freddo, un coscenzioso suonatore di tromba. Intanto si alzavano continuamente dalla platea de' giovani che tentavano di penetrare nel palchettone, arrampicandosi come tanti scoiattoli, martore o lucertole.

Ah!.... Mi mi scappa! Ah! Ah!... Mi scappa! PULCINELLA, Zitto, vecchio imbecille! Altrimenti queste bestie qui vanno a riferirle ai loro padroni.... TARTAGLIA. Ah! Ah!... Mi scappa!... Appena Tartaglia ripetè la parolaccia che Pulcinella gli avea detto all'orecchio, un grand'urlo e un fitto coro di fischi scoppiò nella platea. Pezzo di ubbriacone! Basta! Basta!

E toccò il culmine del trionfo. Ella aveva ora un abito violetto, ornato di galloni d’argento e di fermagli enormi. Si volse verso la platea, dando un piccolo colpo di piede allo strascico e scoprendo nell’atto la caviglia. Poi, inframezzando le parole di mille vezzi e di mille lezi, cantò fra giocosa e beffarda: Io son la farfalla che scherza tra i fiori....

Nella platea le donne diedero un gemito. L'effetto era meraviglioso. Chiunque sarebbesi ingannato.

È permesso di ignorare qualche cosa, a questo mondo; osservò il Lesarini, alzandosi di scatto; ma è obbligo sempre d'istruirsi, per servizio delle belle signore. Si mosse, così dicendo, per discendere in platea. Ah Lesarini! esclamò la signora, mandando a lui la parola e l'accento appassionato, ma l'occhiata furtiva al barone De Wincsel. È doloroso, sapete, questo vostro plurale!