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Aggiornato: 16 giugno 2025
Che? tu chini la fronte? arrossisci? premi al seno il più piccino, non per impeto d'affetto, ma per celare il turbamento del viso? Suvvia, sta ferma: che temi? Dio non v'è, o non cura, o perdoner
Mi alzo, lo prendo e lo porto ingiro per la camera. Non c'è altro, cara la mia signora. A lei sembra che non debba intendere perchè è piccino, invece intende meglio di noi e si fa intendere. Bisogna vedere quando entra il suo babbo! Vostro marito non dorme a casa tutte le notti, nevvero?
Adesso il grido continuo del piccino era diventato più sottile, e le pupille gli si muovevano come galleggiando dentro gli occhi. Ella rimase in piedi con ambe le mani attaccate alla cuna; aveva una vestaglia scura a righe sanguigne, i capelli scarduffati come da un colpo di vento. Ogni tanto batteva i denti.
Ignazio si sentì piccino piccino, davanti a una signora che osava rimontare al decimo secolo, e s'arrischiò a balbettare: Ah, è vero: la musica sacra: ho inteso, in San Pietro, la famosa messa di Palestrina.... È bella sì, ma omai un po' volgaruccia. Ha sentito mai la messa che Guglielmo di Machault ha composto per la consacrazione di Carlo V? Io no. E io neppure: ma me la figuro.
Non ho bisogno di fartelo giurare? insistette Nicla. Bruno sorrise. Tu m'hai insegnato, quand'ero piccino, che del giuramento non si deve abusare, e che la parola basta!... È vero: ma giuramelo! Te lo giuro! affermò Bruno. Poi guardando la sua bella amica pallida, che s'era lasciata andare in una poltrona, soggiunse: Ma come sei agitata!... Sì, è vero! confessò Nicla.
I suoi emuli invidiosi, ed in particolar modo i Tesorieri nel regno di Napoli, nel 1506, indussero il Re a chieder conto a Gonzalo dell'uso che aveva fatto delle grandi somme ricevute dalla Spagna per le spese della guerra in Italia; e in fatti il Re fu tanto piccino da acconsentire ed anco assistere all'atto della conferencia.
Fortunata levò la testa, mi guardò con occhi così spauriti, che parve fossi io che le portassi la mala notizia. Il ritratto del piccino era accapo al letto, tra un ramo di olivo e la palma benedetta. Accompagnandomi fin alla porta Fortunata mormorò tra i singhiozzi: Mi disse che voleva vedervi... Dimandava sempre del pittore... I singhiozzi la soffocavano. Me ne andai.
L'un d'essi, uom dozzinale, benchè insaccato in abiti nuovi con certa signoril pretensione, teneva sodo senza esser pregato: l'altro all'incontro stringevasi nelle spalle, cercando farsi piccino nel vecchio soprabito nero dentro il quale pareva ballare; e mentre con una mano pigliava il bicchiere, nascondeva coll'altra sotto la seggiola il suo cappello a tre venti.
Verso le dieci di sera, Cristoforo Colombo stava sul cassero di poppa, esplorando ancora con gli occhi fissi il buio orizzonte. Tutto ad un tratto, gli parve di vedere in lontananza risplendere un lume. Era piccino e tremolante, come il lumicino della favola; e l’almirante credette a tutta prima di aver traveduto.
La canna abbassò la testa mortificata; ma venne un forte uragano, la canna si piegò a tempo e la quercia investita dal fulmine fu gettata a terra. Perchè era stata superba! esclamò Alessio trionfalmente. Vedo che la mia favola non è nuova. Racconto sempre delle favole al piccino.
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