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Fu con passo vacillante e col volto pallidissimo che il professore entrò nella camera di Loreta. La giovane lo stava attendendo sull'uscio ed appena lo vide si scusò con lui di non aver potuto ella stessa discendere: Dovete perdonarmi; non sto bene.

Non mi rispondi? seguitai, prendendole la mano ch'ella teneva abbandonata lungo il fianco. Tu non mi credi; tu hai perduto qualunque fede in me; tu temi ancora che io ti deluda; tu non osi di ridonarti perché pensi sempre a quella volta.... , è vero: fu la più cruda delle mie infamie. Io n'ho rimorso come d'un delitto; e, anche se tu mi perdonerai, io non potrò mai perdonarmi. Ma non t'accorgesti tu che io ero malato, che io ero demente? Una maledizione mi perseguitava. E da quel giorno io non ebbi più un minuto di tregua, non ebbi più un intervallo di lucidezza. Non ti ricordi? Non ti ricordi? Tu, certo, sapevi che ero fuori di me, in uno stato di demenza; perché tu mi guardavi come si guarda un pazzo. Più d'una volta io sorpresi nel tuo sguardo una compassione penosa, non so che curiosit

La viscontessa era caduta sul divano, con la testa sul petto, ansimante. «Perdono!.... Perdono!... hai ragione... è colpa anche mia... è stato mio padre... oh!...» Come un singhiozzo le aveva lacerata la gola, Massimiliana era caduta quasi in ginocchio dinnanzi a lei, brancicandola: «Sei tu che devi perdonarmi.... Povera donna! non ti accusare... Che colpa è la tua?.. Sono stata troppo vivace; perdonami...» Allora la viscontessa aveva rotto in pianto. Era un nodo che aveva nel petto, da anni: vederla soffrire in silenzio, senza poter far nulla... e mai un lamento... mai un rimprovero... come una martire... «Oh, Maxette!... povera, povera!...» «Basta!.. tranquillati!..» interrompeva Massimiliana; «buon Dio, basta!.. Vedi: anch'io sono tranquilla... Ma lasciami andare... è giorno chiaro, c'è gi

"Ricordatemi, ve ne prego, alla nobil signora che allieta i giorni del vostro riposo, e che ha tanto da perdonarmi anche lei. Ma io veramente non sono in colpa, e fu con buono intendimento tutto quello che feci. Iddio mi aveva guidato laggiù; gli uomini malvagi hanno guastata l'opera di Dio, come gi

Nascondeva il viso fra le mani e non mi diceva nulla. Le cinsi il corpo con un braccio e la trassi nel salotto; me la feci sedere sulle ginocchia, le scostai con dolce violenza le mani dagli occhi, posi il mio volto sotto al suo, e le chiesi perdono. Ma invece di perdonarmi scoppiò in un altro singhiozzo, e mi buttò le braccia al collo, ed appoggiò la testina sul mio omero.

«Vorrete quindi perdonarmi se, facendo appello alla vostra amicizia, che suppongo inalterata, vengo ad importunarvi per chiedervi se posso firmare l'acclusa transazione, desiderando conoscere a quali conseguenze andrei incontro per tale atto.

Nella miseria mia solo il patire per te m’è dato, e in esso consumarmi: perchè tu possa, o figlia, perdonarmi d’averti messa al mondo per morire. Non ti basto, lo so. Gi

Vi sono grata, disse, se il perdonarmi la distruzione di quell'atto vi costò più di quanto io credeva... Ma perchè non mi ascoltaste allora? Il duca si scosse. «Che! pensò: dunque ella mi avrebbe amato forse se io.... ma come potevo.... poi tutti avrebbero riso di me....» Egli era entrato coll'idea di fare una scena terribile, invece andava gi

Bissi voleva ritornare a piedi; ma io sentivo una strana agitazione, un'impazienza improvvisa di trovarmi a casa. È puerile. Devi perdonarmi; in certe circostanze si diventa superstiziosi. Ho il presentimento d'una novit

Ripregai quel prossimo gentile di perdonarmi: e che me lo dimostrasse continuando quel discorso interrotto: ero così felice di quelle confidenze e così dolente di averle demeritate: ma no, non le avevo demeritate; ella non lo credeva. No? Ebbene, perchè non proseguiva? Perchè non voleva dirmi come era svanito in lei quel nascente amore per Giorgio?...