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Dove sono? Sul terrazzo. Vicino a lui, piano, rapida. E tu perchè stai qui? Bada, non è cieco, sordo, quello! Osserva tutto! Non mi toglie mai gli occhi di dosso. Vuoi che sospetti? Ma che! Sei pazza! Pazza! È un militare, un pedante.... Uff! che tegola! Bisogna stare in guardia. Vattene, adesso!... Eccolo, vedi, mi spiava attraverso i vetri. Si dirige al terrazzo. Senti....

Quello è il palazzo de' Rangoni; qui sotto passa il canal grande; quel che vedi in capo è il duomo. Hai tu sentito dire «Sarestú mai la potta da Modana?» o vero «Gli pare esser la potta da Modana»? FABRIZIO. Mille volte. Mostratemela, di grazia. PEDANTE. Vedila sopra il duomo. FABRIZIO. È quella? PEDANTE. Quella. FABRIZIO. Oh! Questa è una baia! PEDANTE. Tu vedi.

STRAGUALCIA. Non anco. PEDANTE. Vien qua. Fa' motto al padron vecchio. Questo è messer Virginio. STRAGUALCIA. Èvvi passata la còllora? PEDANTE. Non sai ch'io non tengo mai còllora con te? STRAGUALCIA. Fate bene. PEDANTE. Or da' qua la mano al padre di Fabrizio. STRAGUALCIA. Porgetemela voi. PEDANTE. Non dico a me; dico a questo gentiluomo. STRAGUALCIA. È questo il padre del nostro padrone?

PEDANTE. Questo era il Cerriglio; e qualche diavolo l'averá fatto trasmutare in casa. LARDONE. Andiancene, padrone, ché quello medesimo negromante queste parole non le facci diventare tante bastonate, come ha fatto diventare pur quei fegadelli e salsicce.

PEDANTE. Variorum ciborum commistio pessima generat digestionem. STRAGUALCIA. Bus asinorum, buorum, castronorum, tatte, batatte pecoronibus! Che diavolo andate intrigando l'accia? Che vi venga il cancaro a voi e quanti pedanti si truova! Mi parete un manigoldo, a me. Padrone, entriam drento. FABRIZIO. Dove alloggian gli spagnuoli? FRULLA. Io non m'impaccio con loro.

CURZIO. Tu sai che avemo inteso che quel pedante poltrone, ogni notte, gli viene a cantare a l'uscio non so che canzoni. Vorrei che tu gli rompessi el capo in qualche bel modo, che non si accorgessi chi fussi stato, se pur ci viene stanotte. RUFINO. State de bona voglia, che vi prometto di servirve. CURZIO. Va'! Pichia, adunque. RUFINO. Io so certo che costoro ci deveno aspettare. Tic.

Che gran faccenda a noi grandi saria lo scriver, com'ei fa, da scorreggiate, se la nostra spettabil fantasia volessimo abbassare a sue favate? Dal detto al fatto è troppo mala via, pedante; non convien far le bravate. Prendi la penna e scrivi al paragone, e lascia poi decider le persone.

LARDONE. Con manco di questo si guarirá il tuo male. «Recipe colla di carniccio, bianco d'un uovo, un poco di litargirio; faccisi impiastro con stoppa di cánnevo; pongasi sopra la rottura e subito consolidarassi». PEDANTE. Da questa massima ne segue: ho perduto la figlia, ergo, igitur, è stata violata; e io ne resto disperato.

Onde le speranze dell'amor mio fin qui nodrite nel core, or che sorella mi sei, mi sono in tutto e per tutto spente e sparse via. ALTILIA. Fratello carissimo, or si spenga l'amor della carne e da oggi innanzi divenghi amor di sangue. PEDANTE. Antiphile mi, tarde venisti.

Perché non son giovine com'io era? ch'io ne farei pezzi, del fatto tuo. VIRGINIO. Puossi intender quel che tu vuoi dire o no? GHERARDO. Sfacciato! VIRGINIO. Io ho troppo pazienzia. GHERARDO. Ladro! VIRGINIO. Falsario! GHERARDO. Menti per la gola. Aspetta! VIRGINIO. Aspetto. PEDANTE. Ah gentiluomo! Che pazzia è questa? GHERARDO. Non mi tenete. PEDANTE. E voi, messer, mettetevi la veste.