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Aggiornato: 2 giugno 2025


PEDANTE. Perché sei un forfante che ad altro non pensi che mangiare. LARDONE. Come si parla di mangiare e di bere, sono un forfante; come non darmi da mangiare e bere, son piú che fratello carissimo. PEDANTE. Ti vorrei attaccar la bocca con una cannella piena di vino e lasciarti bere fin che crepassi; e dire: Vinum sitisti, vinum bibe. LARDONE. O che crepar dolce!

Or avutane novella, son stato a Salerno per ritrovarvi; e m'han riferito che eravate in Napoli nell'osteria del Cerriglio, per passare in Roma; e ora ho inteso ch'eravate a questa casa. PEDANTE. Sapete alcuni stimmati ch'aveva ella nella persona?

Dentro ci è quella fame antica che nacque nascendo meco, morirá finché non muoia io. Di te non dimando, perché sei vestito di nuovo e la faccia è piú tonda che la luna in quintadecima. CAPPIO. Tu stai cosí magro ch'appena hai l'osso e la pelle. LARDONE. Sto in casa dove si mangia poco e si travaglia molto; sto con quel pedante che è avaro e spilorcio quanto ce ne cape.

E anche riproduco tali quali, persino nella punteggiatura, i tre distici latini cantati da Luzio nell'a. V, sc. 7. Non dánno noia, in essi, gli strafalcioni perché tali strafalcioni potrebbero essere stati voluti a bella posta dall'autore per canzonare la ridicola buaggine del pedante.

PEDANTE. , è. STRAGUALCIA. O padron magnifico, a tempo veniste per pagar l'oste. Ben gionto. PEDANTE. Costui è stato un buon servitore a vostro figliuolo. STRAGUALCIA. Volete forse dir ch'io non gli son piú? PEDANTE. No. VIRGINIO. Che tu sia benedetto, figliuol mio! Pensa ch'io ho da ristorar tutti quelli che gli han fatto buona compagnia. STRAGUALCIA. Voi mi potete ristorar con poca cosa.

VIRGINIO. Con chi si pensa avere a fare? Rendemi la mia figliuola. GHERARDO. Scannarò te e lei. PEDANTE. Che cosa ha da far questo gentiluomo con esso voi? VIRGINIO. Non so, io; se non che, poco fa, gli messi Lelia mia figliuola in casa, ché la voleva per moglie. Ora voi vedete. E temo non gli facci dispiacere. PEDANTE. Ah, ah, gentiluomo! Non si vuole con l'arme! Con l'arme?

So quanto costa a me lo scriver puro, non so, pedante, delle tue fatiche; ma convien certo, e non ti paia duro, due parolette in astratto io ti diche. Marmo, calcina e tempo vale un muro, sapone ed acqua voglion le vesciche. Sin ch'io canto Marfisa, t'assottiglia: scrivi qualch'opra che mi sia di briglia.

PEDANTE. Ti menti per la gola, ch'io non son uomo da ciò. STRAGUALCIA. Sarebbe forse il primo. PEDANTE. Ho deliberato, Stragualcia, o che tu non starai in casa o ch'io non ci starò io. STRAGUALCIA. È forse la prima volta che l'avete detto? Voi non ve ne partiresti, se altri ve ne cacciasse con le granate.

Questa furia romagnola era il segreto di trionfi riportati contro avversari venti volte più bravi di lui. Tirato in disparte Massimo, lo pregai sottovoce di essere paziente e pedante in principio, se voleva disarmare l'avversario della sua forza più pericolosa, la furia. Non so se Massimo mi ascoltasse o no.

STRAGUALCIA. Pedante! pedante! PEDANTE. Lassa ch'io trovi il padrone!... STRAGUALCIA. Lasciate ch'io truovi suo padre!... PEDANTE. Oh! A suo padre che puoi dir di me? STRAGUALCIA. E voi che potete dir di me? PEDANTE. Che tu sei un gaglioffo, un manigoldo, un infingardo, un poltrone, un pazzo, uno imbriaco, posso dire.

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