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Aggiornato: 23 giugno 2025
Ma, il tempo scorre; e niuno venire io veggio,... e nulla so... Del tutto Seneca anch'egli or mi abbandona?... Ah, forse piú non respira... Oh cielo!... ei sol pietoso era per me... Neron giá forse in lui il furor suo... Ma, oh gioja! Eccolo, ei viene. OTTAV. Seneca, oh gioja! ancor sei dunque in vita? Vieni, o mio piú che padre... E che? nel volto men tristo sembri: oh! che mi arrechi?
OTTAV. A te rispondo io forse? Tu, Nerone, i miei detti ultimi ascolta. Credimi, or giungo al fatal punto, in cui cessa il timor, né il simular piú giova, ov'io pur mai fatto l'avessi... Io moro: e non mi uccide Seneca:... tu solo, tu mi uccidi, o Neron: benché non dato da te, il velen che mi consuma, è tuo. Ma il veleno a delitto io non t'ascrivo.
E pena a te, qual fia piú lieve? il vile tuo amor, che ascondi invano, appien ti fora per me concesso il pubblicarlo: degna d'Eucero amante, degnamente io farti d'Eucero voglio sposa. OTTAV. Eucero è velo a iniquitá piú vil di lui. Ma teco io non contendo: a ciò non nacqui: ardita non son io tanto... NER. A chi se' omai tu pari?
OTTAV. Entro mie vene serpe giá un fero tosco... NER. E donde?... POPPEA Or mio davvero, Neron, tu sei. NER. Donde il velen?... Tu menti. TIGEL. Creder nol dei; severa guardia... SENECA E puossi deluder guardia; e il fu la tua. Gli Dei scampo ai giusti non niegano. OTTAV. Mi uccide il tosco in breve; e tu il vedrai: pietoso ecco chi 'l diede; anzi, a dir ver, gliel tolsi.
OTTAV. Gli Dei t'abbian mercé del prezíoso dono, opportuno a me tanto... Ecco... Nerone. A liberarmi... deh!... morte... ti... affretta. NER. Cagion funesta d'ogni affanno mio, dalle mie mani al fin chi ti sottragge? Chi per te grida omai? Dov'è la plebe?
In fretta io vengo il grato avviso a dartene. OTTAV. Deh! mira, chi viene a me: miralo, e spera. SENECA Oh cielo! TIGEL. Il tuo signor ver te m'invia. OTTAV. Deh! rechi tu almen mia morte? Or che innocente io sono, grata sarammi.
OTTAV. Ma, e che t'arresta?... e che paventi?... Ancora forse hai speme? SENECA Chi sa?... Tremendo ei m'è, fin che dell'alma albergo queste misere mie carni esser veggio. Oh qual può farne orrido strazio! e s'io alle minacce, ai tormenti cedessi?
Base al tuo seggio alta e perenne il nostro sepolcro avrai. Perché piú indugi? or questo mio capo prendi; al tuo furore il debbo. SENECA Se perder vuoi seggio ad un tempo e vita, Neron, sicuro è il mezzo; Ottavia uccidi. NER. Vendetta avronne ad ogni costo. OTTAV. Ah! mille morti vogl'io, non ch'una, anzi che danno lieve arrecare al signor mio. TIGEL. Ma il tempo piú stringe ognora.
OTTAV. ... E ognor non rechi in dito un fido anello? eccolo; il voglio... SENECA Ah! lascia... OTTAV. Invano... Io 'l tengo. Io ne so l'uso: ei morte ratta, e dolce rinserra... SENECA Il ciel ne attesto... deh! ten prego,... mel rendi... Or, s'altra via... OTTAV. Altra non resta. Eccolo schiuso... Io tutta giá sorbita ho coll'alito la polve mortifera... SENECA Me misero!...
OTTAV. E tu, quand'io t'impresi ad amar, tale, ah! tu non eri: al bene nato eri forse: indole tal ne' primi anni tuoi, no, mai non mostrasti. Or, ecco chi cangia in te l'animo, e il cor; costei ti affascinò la mente; ella primiera, ella ti apprese a saporare il sangue: l'eccidio ell'è di Roma. Io tacio i danni miei, che i minori fieno: ma sanguigno corre il Tebro per te; fratello, e madre...
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