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I cardinali si eran divisi in due partiti. A capo dell’uno, Matteo Rosso Orsini, e Francesco Gaetani nipote di Bonifazio VIII; che stavano, come andavan dicendo, per la onorevol memoria di questo, e volevano un papa italiano: a capo dell’altro, il cardinale Napoleone Orsini e il cardinal Niccolò da Prato, non felice paciero in Toscana, ambedue partigiani francesi.

Il 24 di maggio il nemico vedendo che tutta la forza dei Mille si ritirava verso Corleone, la perseguiva con circa cinque mila uomini delle migliori sue truppe, ed ebbe nelle vicinanze di quel paese un impegno col generale Orsini, in cui quest'ultimo si comportò egregiamente, sebbene con numero molto inferiore di uomini.

Quanti antenati, quante lotte e fatiche, quale lunga storia di guerre, di paci, di convenzioni, di delitti e di virtù dovettero succedersi prima che un Orsini edificasse questo castello e che un altro ottenesse il titolo ducale di Bracciano!

Basterebbe questo fatto, iniziato e compiuto dai soli Romani, per dimostrare che fra Roma e il papato sorse una barriera insormontabile; basterebbe il sangue degli sgozzati di casa Ajani per consacrare la Corte di Roma ad un odio immortale. Nei successivi giorni, 26, 27, 28 e 29, continuarono su varii punti gli assalti alle pattuglie e gli scoppii di bombe Orsini.

Alcuni giorni dopo si diffuse per tutta Roma la voce che il signore , prima di recarsi a Rimini, si sarebbe unito in matrimonio colla duchessa Elena, vedova del duca Orsini; ma dal momento che circolò quella voce, altre pure a poco a poco cominciarono a circolare.

Quanto avrei dato per sapere il nome di quella bella donna pallida, dagli occhi nerissimi, vestita di un abito di velluto rosso! Eppure non domandavo che un nome! Era forse Felice Orsini, o Lucrezia Tomacelli, o Diana Paleotti? Oppure era quella stessa infelice duchessa di Paliano, di cui la tragica fine fu uno dei più strani romanzi del suo tempo?

Se quel castello degli Orsini, cronaca granitica di terribili tempi feudali, non levasse le sue nere torri sul lago azzurro, questi tre paesi, sulle sue sponde, si potrebbero prendere per borghi di pescatori.

Gli Orsini la costruirono, secondo mi fu detto; poi appartenne ai Colonna che anche oggi portano il titolo di baroni della Scurcola. L'edera avvolge strettamente mura e portale, e nasconde lo stemma. Tutto il paese è come il monumento dell'antica battaglia. Si leggono con strano stupore i nomi storici di queste sporche e strette viuzze: Via Carlo d'Angiò, Via Corradino, Via Ghibellina.

Oltre i grossi baobab dai quali pendono numerosi frutti, vi sono grossissimi alberi che portano frutti simili a lunghe salsicce, assai originali, ed un bellissimo arrampicante di cui il frutto è una zucca a sporgenze acute, una vera bomba Orsini, che da verde passa colla maturanza al rosso e al giallognolo.

Garibaldi, Bixio, Sirtori ed io ci siamo raccolti a consiglio. Era la prima volta che si teneva un consiglio di guerra, perchè Garibaldi preferiva deliberare lui e comandare. Dopo che gli fu fatta una descrizione dei luoghi, il generale decise di mandare Orsini coi cannoni e con quanti volontari avrebbero voluto seguirlo, su Corleone e Giuliana; nessuno ne capì lo scopo.