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Aggiornato: 21 giugno 2025


Una magra soddisfazione alle vittime di un tale stato di cose rimane: il sapere che ne fu fatta la constatazione da inchieste private ed ufficiali in termini su per giù identici da anni ed anni. La fece Ferdinando II nel 1838, la ripeterono nel 1875 da privati gli on. Sonnino, Franchetti e Cavalieri e in forma ufficiale la Giunta Parlamentare di cui fu relatore l'on. Bonfadini; fu riprodotta dall'onor. Damiani nel volume dell'Inchiesta agraria; fu riassunta da me nel 1885 nello scritto sulla Delinquenza della Sicilia e le sue cause; e tante Inchieste e tanti rapporti sono stati fatti che in dicembre scorso, nel periodo più acuto delle turbolenze il compianto on. Cuccia in nome di un comitato composto dei più fidi amici dell'on. Crispi malinconicamente conchiudeva: «Più inchieste sono state fatte, cento relazioni dai corpi più conservatori sono state mandate, mille rapporti sono stati scritti da tutti i funzionarî che si sono succeduti in Sicilia. E tutti, unanimi, hanno presentito i fatti d'oggi e quelli di domani, e tutti hanno fatto proposte, hanno reclamato provvedimenti, che sono restati lettera morta, come se il governo fosse l'ente più misoneico della societ

Onorevole rappresentante del Pubblico Ministero, voi che avete parlato di arte europea, la conoscerete, voi, l'arte che si studia sui banchi delle scuole e soprattutto si vede per le chiese d'Italia, l'arte classica, e soprattutto nei musei d'Italia, dove, la domenica e le altre feste comandate, il governo eccita alla corruzione i grandi e i piccoli, le bambine e i bambini, gli scolari e i maestri. L'arte classica, mio caro signore, è l'arte che ha la sanzione del tempo. Se non m'inganno, Mafarka il futurista (io non ho nessuna riserva a fare, nemmeno quelle del mio amico On. Barzilai), Mafarka il futurista diventer

«Alle plebi manca tutto... Bisogna, infine, che gli operai siano redenti dalla schiavitù dell'ignoranza e dalla schiavitù del capitaleC'era forse una minaccia nelle ultime parole del manifesto del Comitato? Ma era sempre formulata in termini più blandi e meno rivoluzionarî di quelli adoperati dallo stesso on. Crispi in un telegramma del 1892 alle societ

P arlava il vecchio lacrimando forte, E poi le labbra cosí chiuse, ch'egli N on mai piú volse aprirle; ma co' gli occhi I n un parete fissi, geme e piagne T anto che fece l'ultimo sospiro. V attine al ciel, alma d'ogni ben carca! S'udí una voce dir vanne felice!

Però Enrico IV poteva scrivere al duca di Crillon, dopo una giornata campale: «pends-toi, brave Crillon: on s'est battu et tu n'y étais pas». Ma allora il Bearnese aveva vinto, e il rimprovero poteva farsi per celia; qui siamo nel caso contrario, ed io non fo celia, appioppo un rimprovero.

La Carlotta di Ponsard, quando dice col pugnale in mano: La résolution qui paraissait si fière S'arrête devant l'act et retourne en arrière, parla come il Bruto del Giulio Cesare; e quando, vedendo la moglie di Marat, Carlotta esclama: Grand Dieu, sa femme on l'aime! s'innalza per un momento alla grandezza di Shakespeare e alla sublimit

Eminenza, lasciamoli dire finchè ci lasciano fare: quando presumeranno tarparci le ale, on avisera; come dicono i Re di Francia allorchè i Parlamenti rifiutano registrarne gli editti.

N ascosi molti a le cortine drieto V anno non so che far, ed escon dopo N el volto fatti in guisa di piropo C he furon d'alabastro per adrieto. I o dunque nudo fra cotanti nudi N on piú arrossisco, non piú mi vergogno, F atto di lor famiglia, ove m'agogno L assivamente in quei salaci studi. A lato la regina sta Limerno, T enendole la bocca ne l'orecchia, O nd'io ne fui chiamato possia al trono.

Parola Del Giorno

dell’esule

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