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Avendo tu servito a una, te hai due persone obligato; e certo di noi ben contento ti terrai. FANNIO. Maggior contento aver non posso che vivo e con Santilla vederti. SANTILLA. Ché cosí fisso guardi, Fessenio caro? FESSENIO. Ché non vidi mai omo ad omo simile come è l'uno all'altro di voi. Ed or vedo la cagione per che seguíti son oggi tanti begli scambiamenti. SANTILLA. Vero di'.

Puote omo avere in se' man violenta e ne' suoi beni; e pero` nel secondo giron convien che sanza pro si penta qualunque priva se' del vostro mondo, biscazza e fonde la sua facultade, e piange la` dov'esser de' giocondo. Puossi far forza nella deitade, col cor negando e bestemmiando quella, e spregiando natura e sua bontade;

Ah! fece lui, me faccio maravija Ch'un omo come lei dubitallo! Allora lei vor ' che lei me pija Per uno che viè' qui per imbrojallo! Nonsignora, maest

Alla faccia tua e del compagno ancora. RUFINO. Oh poltrone, tristo, sciagurato! Vien qua giú! vien giú! MALFATTO. Vien ! vien , tu! RUFINO. Apri la porta e vederai se io ci verrò. MALFATTO. Son contento. Ma dimmi: hai naso freddo tu? RUFINO. Diavolo ch'io trovi un sasso, stanotte! REPETITORE. Eh! non fate, omo da bene.

SAMIA. A te può dirsi tutto. Vestita da omo, è ita a trovar Lidio. FESSENIO. Oh! Samia, che mi di' tu? SAMIA. Tu hai inteso. Io ho a stare coll'uscio serrato e aprire quando la viene. Vatti con Dio. FESSENIO servo solo.

Pero`, la` onde vegna lo 'ntelletto de le prime notizie, omo non sape, e de' primi appetibili l'affetto, che sono in voi si` come studio in ape di far lo mele; e questa prima voglia merto di lode o di biasmo non cape. Or perche' a questa ogn'altra si raccoglia, innata v'e` la virtu` che consiglia, e de l'assenso de' tener la soglia.

MASTRO ANTONIO. Ancora piú? Oh! vo' siu piú doto d'Orlando. Parcere subiectis, quod cadunt alba ligustra: amen dico tibi certa rede coco. MASTRO ANTONIO. Oh bono! oh bono! Hali composti la Magnificenzia Vostra questi strambotti? PRUDENZIO. Al commando della Signoria Vostra. MASTRO ANTONIO. Voi site lo primo omo del mondo. PRUDENZIO. Per grazia vostra, non che lo meritiamo.

Oh! che uomo! ..... Omo! E continuava la signora, il piccolo Ignazio, l'abatino che pranzò ieri con voi, è figlio spurio del sindaco e questo non ve lo ha detto, e sua madre era la sorella di Mansueta.... e il signor de Emma.... Zitta! sclamò Ermenegilda, additando l'impennata della farmacia. Bazzetta riapparve. Ho dimenticato l'astuccio dei zolfanelli.

Fate che non si dia a nessuno, ché la voglio io. MALFATTO. Oh de sotto! Volete che tiri? REPETITORE. E va' in mal'ora, poltrone! MALFATTO. Son piú omo da bene che non simo noi. PRUDENZIO. Lèvate de . MALFATTO. Non me nne voglio levare. RUFINO. Orsú! Se volite venire, speditevi; se non, me nne voglio andare, ché l'è tardo. PRUDENZIO. Odite, omo da bene.

Quando vidi costui nel gran diserto, «Miserere di me», gridai a lui, «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». Rispuosemi: «Non omo, omo gi