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Aggiornato: 10 giugno 2025
Or da ogni parte ho stretta di diversi rispetti: ad uno ad uno, costor che a un tratto io svenerei, m'è forza, con lunghi indugj, ad uno ad un svenarli. POPPEA Oh quai punture al cor mi sento! oh quanto meco mi adiro! Io son la ria cagione d'ogni tuo affanno, io sola. NER. A me piú cara sei, quanto piú mi costi.
NER. A mie ragion dá loco... POPPEA Ove son io, colei?... NER. Deh! m'odi... POPPEA Intendo; ben veggo;... io tosto sgombrerò... NER. Deh! m'odi: Ottavia in Roma a danno tuo non torna; a suo danno bensí... POPPEA Vedrai tu tosto, ch'ella vi torna al tuo. Ti dico intanto, che Ottavia e me, vive ad un tempo entrambe, non che una reggia, una cittá non cape.
Detto io mai non l'avrei, se Ottavia mai avuto avesse l'amor tuo. Ma, stolto! che parlo? Ove ciò fosse, ove mertato ella avesse il tuo cor, non che mai farti oltraggio tal, pensato avrialo pure? Ragion di stato, e mal tuo grado, in moglie costei ti diede. Ella di te non degna ben si conobbe, e quindi il cor suo basso bassamente locò. NER. Ma oscuro fallo, temo, che il trarlo a obbrobríosa luce...
Tu mi costringi a torli; prezzo di sangue alla maligna plebe parran tuoi doni: ah! li ripiglia; e lascia a me la stima di me stesso intera. NER. Ove tu l'abbi, io la ti lascio. Esperto mastro sei tu d'alma virtú: ma, il sai, ch'anco non sempre ella si adopra.
E tu sei Gasperone... Spadolino... E che ci avrai, percristo, ne le vene? Er sangue de le tigre? de le jene! E che ci avrai ner core? Er travertino? Ma come?! Dopo tutto quer ch' ho fatto, Che t'ho scoperto un monno e te l'ho dato, Mo me vòi fa' pass
Ner casale fu messo su un divano, E mentre je sfilamio la giberna C'insegnò sur un fianco co' la mano Come ci avesse 'na ferita interna. Allora j'accostamo 'na lanterna Sur fianco; lo scoprimo piano piano... Sangue de Cristo! C'era 'na caverna, Che je c'entrava 'n braccio sano sano! Se mettessimo tutti inginocchiati.
Se fece notte: e mentre stamio drento Ner casale aspettanno li sordati, Ce parve de sentì' com'un lamento. Annamo su la porta tutti uniti, S'affacciamo, orecchiamo pe' li prati: So' li nostri, perdio! So' li feriti! Allora se buttamo giù p' er prato, Fra l'arberi, a l'oscuro, e annamo in traccia De li feriti... E dopo avé' cercato Dove successe er fatto, fra l'erbaccia,
NER. Mostrar quant'io l'apprezzi spero, in breve; ma a questa Idra rabbiosa lasciar niun capo vuolsi: al suolo appena trabalzerá l'ultima testa, in cui Roma fonda sua speme; e infranta a terra, lacera, muta, annichilata cade la superba sua plebe. Appien finora me non conosce Roma: a lei di mente ben io trarrò queste sue fole antiche di libertá.
E noi che s'aspettamio 'gni momento La truppa, nun vedenno più gnisuno, A l'arba, de comun consentimento, Fu deciso de sciojese. Quarcuno Rimase ner casale chiuso drento Co' li feriti; e de nojantri, ognuno, Dopo che s'approvò lo sciojimento, Se sbandassimo tutti. Quarchiduno Fu preso a Roma a piazza Barberina; L'antri sperduti in braccio de la sorte Agnedero a schizz
NER. Toglierti a me? né il pur potrebbe il cielo. Ma ria baldanza popolar, non spenta del tutto ancor, biasmare osa frattanto gli affetti del cor mio: quindi m'è forza, che antivedendo io tolga... POPPEA E al grido badi del popolo?
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