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Aggiornato: 28 ottobre 2025


Un giorno, mentre prendeva il in casa Filippeschi ed era presente anche Folco, Ariberto notò che Gioconda non aveva più il suo bel rubino col motto. Forse l'avete perduto? chiese ingenuamente. La contessa arrossì. No, non l'ho perduto, balbettò. Si è guastato e l'ho dato ad aggiustare. Poi, volgendosi a Folco: Non volevo dirtene nulla, per timore che tu mi sgridassi. Folco sorrise, indulgente.

Essi non fecero motto, anzi neppure un atto, e non pertanto da tutta la persona emanava la preghiera; uno scongiuro muto un pianto del cuore, che le orecchie non raccolgono, ma l'anima tremando sente.

Ma qui, suonarono inutilmente due volte; l'uscio rimase chiuso, la casa muta come una tomba. Aloise ed Enrico si guardarono in volto, senza far motto; poi suonarono una terza volta, una quarta, e, a farvela breve, scampanellarono a riprese per forse dieci minuti. In quella casa, di sicuro, non c'era anima nata. E la sorella adottiva di Lorenzo, fuori anche lei?

Ai 20 di gennaro del 1646 nella ducea Francesco Molino fu sostituito. La guerra sotto il principato di questo Doge con esito incerto e dubbioso infierendo, e piena la mente di lui della triste condizione de' tempi, non lasciò di manifestarlo nelle nove Oselle da lui distribuite. Figurar volle la Repubblica ad una nave agitata dalle onde, ma illuminata da un celeste lume. Ne' sei primi anni riprese nei diritti delle sue Oselle l'antico solito conio con le parole intorno: [SC[S. M. VEN. FRANC. MOLINO. DVX.]SC], e nell'esergo [SC[I. A. B]SC]. cioè Giovanni Alvise Battaja. Nel rovescio poi dell'anno primo fece coniare una galera in mezzo alle acque, e sulla cima dell'albero di maistra una fiammella di felice augurio col motto intorno: [SC[FVLGET. INTER. FLVCTVS.]SC], e sotto [SC[ANNO. I.]SC] ([I[lett.]I] a). La guerra maggiormente inferocendo nell'anno secondo del suo ducato a grave danno de' Veneziani, i quali però non si smarrirono, ma presso i principi cristiani con lettere dirette al Pontefice, all'imperatore, ai re di Francia e di Spagna la situazione delle cose rappresentando, di ottenere tentarono qualche soccorso per la difesa di quel regno, il quale, caduto che fosse nelle mani degli Ottomani, potea aprire a questi barbari la porta per entrare negli altrui Stati più esposti al nemico furore, nel mentre ch'eglino stessi con nuovi apparecchi militari di rimettere il perduto procurarono. Egli è perciò che nel rovescio delle Oselle di questo secondo anno rappresentò la galera dalle acque burrascose quasi sommersa, rilucendo però sempre più viva la fiamma sull'albero, quasi indicando, che, nei maggiori pericoli, maggiore era il coraggio da cui il pubblico spirito animato veniva, ripetendo lo stesso motto con l'[SC[ANNO. II]SC]. ([I[lett.]I] b). Le variazioni portate nelle inscrizioni delle Oselle negli anni terzo, quarto, quinto fanno successivamente conoscere, che le cose della guerra ad essere meno sinistre incominciavano, e per i fatti nella Dalmazia avvenuti, e per essere stato risolutamente respinto l'assedio posto alla citt

Il Bruco ed Alice si guardarono in faccia per qualche istante senza far motto; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa. "Chi siete voi?" disse il Bruco. Questa domanda non invitava troppo a una conversazione.

Invece cominciarono l'un l'altro a guardarsi in viso; poi si alzarono senza dir motto, e si allontanarono tutti quatti quatti, salutandolo appena con un lieve cenno del capo. Domattina lo manderò a sfidare e domani sera gli taglierò il muso borbottava Ghegola fra i denti, ritornandosene tutto solo a casa sua.

E poi quale esempio parlante della profonda ironia delle cose umane! L’imagine del più grande nemico che abbia avuto il Cristianesimo, trasformata in quella di un santo, accoglie e trasmette al cielo le preghiere di quei Cristiani ch’egli tanto disprezzava ed aborriva! Io cercava un motto che, posto in fronte al libro, riassumesse il significato della storia di Giuliano.

Non dimentichiamo la paura degli antichi pel vortice di Cariddi e per lo scoglio di Scilla, onde il motto Incidit in Scyllam cupiens vitare Charybdym. I Greci localizzarono in quel sito la leggenda delle Sirene, le quali addormentavano col canto i naviganti e li perdevano. A passare dunque lo Stretto ci si pensava due volte.

Tra burle ed innocenti furti di bambini e di oggetti di vestiari o di ornamento, che si andavano a mettere in pegno e che poi gli interessati disimpegnavano, era consumato il giorno di S. Pietro in Vincoli: onde il motto che raccomandava di evitare liti il di agosto. 'Ntra festi e Ferragustu Nun cci jiri si si’ ’n disgustu

ma stieno i Malebranche un poco in cesso, ch’ei non teman de le lor vendette; e io, seggendo in questo loco stesso, per un ch’io son, ne farò venir sette quand’ io suffolerò, com’ è nostro uso di fare allor che fori alcun si mette». Cagnazzo a cotal motto levò ’l muso, crollando ’l capo, e disse: «Odi malizia ch’elli ha pensata per gittarsi giuso!».

Parola Del Giorno

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