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Aggiornato: 4 giugno 2025
Questo dev'essere accaduto, mentre io andavo in cerca di una pianta... per impiccare l'amor mio, le mie speranze, le mie illusioni. Infatti, quando tornai presso il pino della mia disperazione, in vista del campanile di Golasecca, il tavolino era imbandito sotto il padiglione, al fresco, e il tenente, servito dalle mani stesse di mia cugina, mangiava come un eroe di Omero.
La sera del primo giugno 1918 nella baracca dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio sopra una cresta montana di Val d'Astico, si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe forchette rosse del tramonto s'intrecciavano con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti, capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto a capo-tavola.
Vedi, amico, allora l'idea di sposare una donna che mangiava la busecca, mi incuteva un senso di orrore! Poi non ricordo più nulla. La rividi attraversare ancora i giardini. Aveva la testa abbassata, come se una ferita la avesse offesa nel petto. Le sue finestre non si aprirono più.
Ciascuno mangiava quello che aveva ordinato senza dire una parola. La sola cosa in comune fu una bottiglia della cassetta che ci aveva inviato il buon Quadrio, direttore della Valtellina di Sondrio. Era un vino eccellente che non bevevamo da un pezzo. Buono, dissi vuotando il bicchiere. Nessuno rispose. Pareva avessi detto loro una insolenza.
Si mangiava in silenzio quando Anne-Marie chiese a sua madre: Che cos'è questa cosa marcia che mangiamo? Zitta, cara, disse Nancy. E' buonissimo. E' stufatino. Cos'è il stufatino quando è vivo? chiese Anne-Marie. Nancy sorrise, e la fossetta le si incavò rosea nella guancia.
E trovando ora, quasi ogni giorno, un nuovo piatto dolce in tavola, pur lasciandosi vincere dalla gola, lo mangiava con un senso di rimorso che gliene guastava il sapore. E tu? Tu non ne mangi? Perchè? Due lagrime spuntarono negli occhi di don Rocco e gli scivolarono su per le gote rosee e paffute. Che hai? Che cosa è stato? Niente!
Ma facea contrario effetto, perché amor avea mischiato veleno e fuoco in quel vino che mi avvelenava e uccideva in un tempo. Cosí, tra vivo e morto, non sapeva che mangiava o beveva o aveva; ma parea un di quei che si sognano mangiare: ché la mia cena fu la sua bellezza.
Ei non se ne accorgeva, e tra le rozze Spinte d'ognun mangiava un po' di pane, Proprio sul passo delle cortigiane, Tra il continuo rumor delle carrozze. Mi vide, mi fissò nel viso, e fosse Ch'egli scorgesse in me piet
Quella grande sala con le pareti coperte d'arazzi e i mobili del tempo dell'Impero, dalle forme rigide e dalle dorature sbiadite, era tristissima e fredda. Pareva che la primavera non potesse farvi penetrare i suoi effluvi profumati, che il sole non osasse spingervi i suoi raggi. La principessa Camilla mangiava poco e lentamente.
Egli osservava, con maraviglia, quel mutamento di contegno e avrebbe voluto trovarne la ragione. Don Rocco ora non lo contradiceva più, anzi preveniva i suoi desideri; e siccome il gran debole di lui erano i dolci, egli non ardiva, ogni volta che ne trovava uno in tavola, domandare al solito: Come mai? Lo mangiava zitto zitto, ma un po' impensierito.
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