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Che Dio vi benedica tutti per l’anno nuovo, e con voi benedica l’Italia, e inspiri gli animi degli italiani, affinchè si ricordino d’essere prima di tutto e rimaner sopra tutto tali». In data del primo gennajo, 1918: «Anno che nasci nella strage e dalla strage, possa tu finire in pace, e che il sangue versato sia fecondo almeno!... Ma pace non può per noi significare che vittoria.

Oggi 11 giugno 1918. Sono un tenente dei bombardieri che ha fatto il suo dovere. Ma non mi sento degno di te, libro mio preferito. Mentre il mio cuore batte sicuro il mio passo non lo sa cadenzare con eguale sicurezza. Ho il passo indeciso, malfermo ondeggiante, ferito, che ripete sulla terra le punture dilanianti d'una piaga infame e assillante aperta nel mio fianco. Piaga di Caporetto, piaga enorme che sento vivere soffrire, imputridire e che presto bisogna, ad ogni costo bisogna colmare, colmare con un nuovo ultravermiglio generosissimo sangue a fiotti bollenti, a torrenti nel suo centro e sugli orli il cui viola sinistro ricorda le botti sventrate dai fuggiaschi ubriachi, le schifose avvinazzate bombe incendiarie su Cervignano e il putrido violaceo fuggente tramonto del 27 ottobre. Guarire, guarire quella piaga! La guariremo. Gi

La sera del primo giugno 1918 nella baracca dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio sopra una cresta montana di Val d'Astico, si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe forchette rosse del tramonto s'intrecciavano con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti, capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto a capo-tavola.