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Aggiornato: 9 giugno 2025


EUGENIO. Ma sono tanto assassinato dalla sorte che vorrei incrudelirmi contro me stesso; e se fosse altri che mio padre, con le mie mani me lo torrei dinanzi. LELIO. Vogliam perciò disperarci? bisogna ovviar con qualche rimedio. EUGENIO. Cricca, speriamo in te: insegnaci ché siamo tuoi discepoli.

LELIO. Chi è costui che opra cosí gran maraviglie? CRICCA. Uno astrologo nuovamente stampato, che con le sue astrologherie astrologa tutti gli uomini. LELIO. Che ha che fare l'astrologia col transformare un uomo nell'altro? CRICCA. Che so io? non potrei tanto dirvene che non restasse piú a dirvene. LELIO. Che ne sai? CRICCA. L'ho visto con questi occhi.

CRICCA. Dubito che questo «asino» e questo «ligare» non siano un capestro che ti leghi e ti strangoli il collo; perché oltre il pericolo di disfare, come si scopre la forfantaria, Lelio suo figlio con la corte te ne fará patir la penitenza. VIGNAROLO. La patirá quel Guglielmo che paio, non quel vignarolo che sono. Ma eccoli che vengono fuori. ALBUMAZAR. La casa è molto a proposito.

LELIO. Saremo, Eugenio caro, tanto da poco in cose che i nostri padri in cosí disconvenienti desidèri sappino piú di noi? e che vogliamo lasciarci tôr le spose senza volerci aiutare?

Alle ore tre di notte il corpo di donna Lucrezia veniva consegnato a don Lelio suo fratello, che, a seconda del desiderio della defunta, gli diè sepoltura nella chiesa di San Gregorio. Gli amici di casa Cènci procurarono che le membra di don Giacomo fossero tumulate in uno dei sepolcri, che aveva apparecchiato ai suoi figliuoli la immanit

GUGLIELMO. Eccoci qua in pronto. LELIO. E noi altri pur a tempo.

I vostri meriti sono tali che meritarebbono altro uomo che non sono io; ma perché conosco solo i vostri meriti, per il grande amore che li porto, mi par che possa meritarli. ARTEMISIA. Se cosí è, perché scorgo in voi tanta tepidezza in sollecitar le mie nozze? Voi sète d'accordo con Lelio mio fratello. Non vedete che l'indugio vi potrebbe apportar qualche disturbo?

Don Lelio Franco ha diffidato forse dei suoi principii e l'ha eliminato pulitamente dal suo ufficio. La polizia non insiste più per rinviarlo da Napoli. Egli.... Basta, gridò Bambina con alterezza, alzandosi. L'è noto: la sventura e la miseria sono criminose.

GUGLIELMO. Io non posso credere che cosí tosto crediate che sia vostro padre, perché tanti contrari eventi di fortuna mi fan chiaramente conoscere che mi conoscete per alcuni precedenti prodigi contro me. LELIO. Del tutto ne è stato cagione un astrologo. GUGLIELMO. Chi astrologo?

Quando un mio amico, chimico-farmacista d'archiginnasio, mi tirò fuori da uno scaffale polveroso il librattolo di messer Giovanni Graziano bergamasco, professore di medicina a Padova, e me lo spalancò dinanzi, ch'io vi lessi Thermarum Patavinarum Examen, Patavi MDCCI, e quando mi citò le disquisizioni dell'Arduino, del Lorgna, del Mastino, io confesso che non mi vidi innanzi agli occhi (e come no?) altro che il conte Lelio Piovene da Vicenza, lo scopritore della fonte che ancora ne conserva il nome, e Fulgenzio e Domenico Griffani, usurpatori di essa; e il Serenissimo Principe, e i Provveditori, e i Pregadi, gli ufficiali della sanit

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