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Aggiornato: 9 giugno 2025


LELIO. Bisognarebbe farli un salvacondotto per le spalle: ché egli sta tanto impazzito in questa pazzia sua che, come entra a dissuaderlo, egli entra in rabbia e gioca di bastonate, onde bisogna secondare li suoi desidèri e promettere di aiutarlo; ma egli si avisa subito del tutto.

LELIO. Quando voi vi partisti da Napoli, promettesti Artemisia a Pandolfo; venuta poi la nuova della vostra morte, mi richiese Pandolfo della promessa fattali da voi. A tutti gli amici e parenti parea disconvenevole che ad un uomo di tanta etá se li dovesse attendere la promessa: ce la negai.

MERLINO. Deh, mira cotesto zaratano lombarduzzo come si mette al rischio di saper ragionar toscano, ove egli non men si affá d'un asino a la lira! LIMERNO. Che zaratano? che lombarduzzo? Come se un conte di Scandiano, un Ludovico Ariosto, un Tebaldeo, un Lelio, un Molza ed altri molti valentuomini non fussero in Lombardia nasciuti! MERLINO. Non sei tu giá del numero loro?

LELIO. Cosí si fará: io andarò a casa ad avisar tutti del fatto; tu partiti, ché non sii visto con noi ed entrino in sospetto. EUGENIO. Cosí si faccia. LELIO. Signor Eugenio, mi raccomando. EUGENIO. Signor Lelio, servitor vostro. EUGENIO. Cricca, raccommandami ad Artemisia mia. CRICCA. Raccommandatevegli voi stesso.

CRICCA. Egli verrá certissimo in casa vostra: serratelo in una camera finché le spose sian fatte vostre. LELIO. Vorrei che mentre l'avrem prigione facciam vendetta del disgusto che ne ha dato. CRICCA. Il piacer che pigliaremo del piacevole scherzo del vignarolo sará la vendetta della sua ignoranza.

PANDOLFO. Non potendo io piú sopportare, la feci chiedere a Lelio suo figliuolo, il qual mi fe' rispondere che in casa sua non si dilettavano di anticaglie ma di modernaglie, e molte altre parole ingiuriose. a me per tante ingiurie si è raffreddato l'amore, posso lasciare d'amarla; ma or mi s'appresenta una occasione di conseguire il mio desiderio a dispetto di Lelio....

Qui sta la vittoria del fatto; e partiamoci ché non venga e ci veggia ragionar insieme, perché sarebbe un dargli sospetto di qualche trama ordita contra di lui. Io andarò a dargli nuova che il vignarolo è entrato in casa e che Lelio è contento far il volere di suo padre: il che crederá, come cosa che desidera, e verrá agevolmente al giuramento. LELIO. Come trattenerò io il vignarolo?

GUGLIELMO. ... Io vo' che Artemisia mia figliuola sia moglie di Eugenio vostro figliuolo; e Sulpizia vostra figliuola, avendola prima giudicata degna di me, sia moglie di Lelio mio figliuolo: l'una perché ambedue sono ne' primi fiori della loro giovanezza, l'altra perché gran tempo fra loro si sono amati modestissimamente, e non facciam cosí gran torto a' loro onestissimi amori.

Ah! ecco giustamente ove è la pietra d'intoppo. E qui Don Diego raccontò un poco del suo colloquio con Don Lelio Franco. Infatti, infatti! che volete? disse Don Domenico. Don Lelio potrebbe bene essere un poco l'agente del conte d'Altamura... voi sapete? il capo della reazione, l'agente segreto ed onnipotente del re. Vi sarebbe forse qualcosa a fare anche da quel lato .

LELIO. Colui, che ha trasformato il vignarolo in Guglielmo, ha trasformata la persona del vignarolo con quella ferita istessa che avea Guglielmo; ché altrimenti non saria trasformato. GUGLIELMO. Figlio, non so che altra certezza possa darti che sia tuo padre.

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