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Aggiornato: 7 maggio 2025
Meglio era perdere la robba e salvar me medesimo: da me solo mi difendei dal mare e non seppi difendermi da chi mi rubbò da me stesso! LELIO. Oimè, che veggio? che è quel che raffiguro? CRICCA. Che cagione avete di tanta maraviglia? LELIO. Non vedi mio padre e il vignarolo, il vero e il falso Guglielmo? CRICCA. Sí, che li veggio.
LELIO. Non saria meglio prenderlo e tenerlo in buona custodia; e come è tornato nella sua forma, porlo in mano della giustizia e farlo castigare? CRICCA. No, ché il padrone stimarebbe che l'aviso fosse uscito da me, ed io ne portarei la penitenza che giá questa mattina me l'ha promessa. Non tanti consigli: avisate quei di casa che, volendo Guglielmo entrare in casa, lo scaccino quanto prima.
Guglielmo era un bel giovane aperto e gioviale, faceva ridere Teresa e raccontava maraviglie alla madre. L’estate quando andava a far la guida su pel Monte Rosa, affidava loro la chiave di casa, e tornando a pigliarla, bisognava bene dire dove era andato, ed i pericoli superati e descrivere le nuove pazzie degli alpinisti.
VIGNAROLO. Tu mi hai di sorte ingarbugliato il cervello che sto dubbioso se sia Guglielmo o il vignarolo; ma se sono trasformato giá e non sono Guglielmo, chi sono? sarò perduto e sarò qualche altro uomo o qualche bestia. CRICCA. Tu non sei divenuto una bestia perché sempre vi fusti.
.... Siamo a casa. Guglielmo ha quattro librerie, moltissimi libri che sono ammirati dai visitatori, ma egli non legge mai. Io credeva che studiasse almeno otto ore al giorno; mi ingannavo, avr
.... Guglielmo fa una corte assidua alla moglie dell'ambasciatore. Se gli dite nulla, vi risponde che è per ragion politica; anzi l'altro giorno mi raccomandò di lasciarmela fare dall'ambasciatore marito: così le potenze rimangono in equilibrio e la pace Europea è assicurata. Non gi
Io ho pensato un modo che con le sue proprie mani si troncará la radice a' suoi poco onesti desidèri, e scioglia con le sue mani quel nodo con il quale egli pensava allacciarci: se ne volgeranno le saette contra l'arciero, e noi resteremo ricchi per la sua perdita e felici per la sua disgrazia. GUGLIELMO. Dillo di grazia, ché io ti ho conosciuto sempre per uomo di gran spirito.
Roma, Marzo 1911. Se bene non si sappia precisamente la data in cui fu scritta la Tempesta, pure il Malone che è fra i più attendibili la fa risalire al 1612, dandole così il penultimo posto nella serie delle produzioni shekspiriane. Ma se bene il Chalmers e il Drake spostino di un anno questa data l'uno facendola risalire al 1611 e al 1613 l'altro è oramai certo che fu una delle ultime opere teatrali scritte da Guglielmo Shakespeare. Da dove abbia tolto l'idea di questa divina fantasia lirica, non si può stabilire con precisione. Il Warton cita un romanzo italiano Aurelio e Isabella che fu popolarissimo in Inghilterra verso il 1588 e nel quale per fino il personaggio principale di Aurelio o meglio Orelio, come apparve nella versione inglese, poteva aver suggerito la figura di Ariel. Ma quello che si può stabilire con precisione è da dove il poeta abbia tratto la parte descrittiva della sua commedia. In quello scorcio del secolo XVI si pubblicarono in Inghilterra molte relazioni di viaggi, che erano avidamente lette dal popolo. Fra questi il naufragio di Henry May alle Isole Bermude il Reporte of the laste voyage of Capiteine Frobisher la History of travayle of John Barbot e la True relation of the travailes of William Davies barber and surgeon. Questa è del 1614, ma probabilmente correva gi
Il domani Teresa partì per Zermatt. L’accompagnarono tutte le guide del paese, per far onore a Guglielmo. Presero per la più lunga, valicando la Betta-Forca, poi le Cime Bianche, poi il Colle del San Teodulo. Mai nessun lord d’Inghilterra ebbe, per traversare le ghiacciaie, più numeroso e valoroso corteo. Fu un viaggio di due giorni, e la sera del secondo si giunse a Zermatt. L
PANDOLFO. Io non so perché tanto gridi, o Cricca. CRICCA. Non vedete il vostro vignarolo trasformato in Guglielmo, e tanto trasformato in Guglielmo che il vero resta vinto dal falso, perché il falso è piú vero del vero? Veggio il simulacro e l'imagine di Guglielmo cosí naturale che, se fosse fatto a stampa o dentro le forme, non potrebbe essere piú simile.
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