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Aggiornato: 7 maggio 2025
GUGLIELMO. Eh, fratello, ho patito tanti disaggi che volendoli raccontare mi moverei a compassione; ma perché son qua salvo, son pronto e volontaroso adoprarmi ne' vostri servizi piú che mai. PANDOLFO. Ed io prontissimo ubbidir a tutto quello che mi viene commandato da voi. Ma dove è Eugenio mio figliolo? GUGLIELMO. Sará qui fra poco, ché l'ho inviato a chiamare. Eccolo che viene.
CRICCA. Dimmi, signor astrologo, per quanto tempo durerá il vignarolo nella figura di Guglielmo? ALBUMAZAR. Per un giorno naturale. CRICCA. E ci sono anco i giorni contra natura? ALBUMAZAR. Il giorno naturale se intende di ventiquattro ore. CRICCA. E quello contra la natura?
PANDOLFO. Orsú, Guglielmo caro, ognun pende dalla vostra bocca, non s'aspetta altro che la vostra sentenza: voi sète il giudice, la ruota e tutto il tribunale, e il vostro decreto sará inappellabile.
Guglielmo ridottosi nella sua stanza aprì la scrivanía: preso un foglio di carta velina, ed assettatosi con singolare compostezza, scrisse: "Madre mia!" E si fermò, considerando le parole scritte...
Quando entrammo in salone vedemmo vicino a una finestra, sotto la pittura di Guglielmo Tell che infilza il pomo, l'onorevole Dassi, i suoi due secondi e il suo dottore dalla barba solenne e dalla testa filosofica. Queste brave persone ci salutarono con un rispettoso segno del capo.
A inverno finito la casa fu lesta. Guglielmo il giorno di Pasqua condusse le due donne a visitare il nuovo quartiere, tutto olezzante di resina. La sera invitò a desinare il sindaco, il parroco, il segretario e parecchi amici; la mensa fu allestita nel gran salone da pranzo del nuovo albergo, e si bevve agli sposi.
CRICCA. Non sapete che la negromanzia è refrigerio di quelli miseri che si trovano in qualche strabocchevole desiderio? PANDOLFO. Overo che trasformasse qualche persona in Guglielmo.... CRICCA. Che non trasformi voi in una bestia! PANDOLFO. ... e che quel facesse le mie nozze.
Quando Guglielmo veniva in licenza, il padre e la domestica gli empivano la testa con sfoghi di vanit
E Guglielmo tornò a Gressoney colla tristezza nell’animo. Quante volte dalla sua casa rifatta guardava le vette del Mon Rosa con gli occhi pieni di lacrime. Quel cielo azzurro di l
Comunque stia, son sempre al vostro comando. Perdonatemi, non posso contenermi che non vi abbracci e baci di nuovo, e sento tanta allegrezza che non ho lingua per esprimerla. Le mani e le braccia me le sentiva al collo: se alcun da dietro non me l'ha tolta, non potrei saper chi fosse. ARPIONE. Avete patito gran disagi nel viaggio, Guglielmo caro? VIGNAROLO. Molti, Arpione mio carissimo.
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