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PASQUELLA. Come tu hai fatto il tuo. Orsú! Io vo. FLAMMINIO. A Gherardo la vuol maritare? CLEMENZIA. , trista a me! Vedi se questa povera giovane è sventurata. FLAMMINIO. Tanto avesse egli vita quanto l'averá mai. In fine, Clemenzia, io credo che questa sia certamente volontá di Dio che abbia avuto pietá di questa virtuosa giovane e dell'anima mia; ch'ella non vada in perdizione.

Iddio mi dia grazia ch'io gli possa far del bene. Che borbotti? che dici, poltrone? non è vero? CRIVELLO. Che volete ch'io dica? Dico di , io. Fabio è buono, Fabio è bello, Fabio serve bene, Fabio con voi, Fabio con madonna... Ogni cosa è Fabio; ogni cosa fa Fabio. Ma... FLAMMINIO. Che vuol dir «ma...»? CRIVELLO. ...non sará sempre buona robba. FLAMMINIO. Che dici tu di robba?

CLEMENZIA. Se io lo so, perché mel dici? Segui. LELIA. Perché, se questo non t'avesse ridetto, non potresti saper quel che segue. Avvenne che, in que' tempi, Flamminio Carandini, per esser de la parte che noi, prese stretta amicizia con mio padre; e, ogni giorno, ogni giorno, veniva in casa; e, alcuna volta, molto segretamente mi mirava, poi, sospirando, ancora abbassava gli occhi.

E, in questo, non posso se non lodarmi della fortuna perché subito Flamminio mi voltò gli occhi adosso e molto cortesemente mi domandò se alcuna cosa domandavo e d'onde io era. CLEMENZIA. È possibil che tu non cadesse morta della vergogna? LELIA. Anzi, aiutandomi Amore, francamente gli risposi ch'io ero romano che, per essere rimasto povero, andavo cercando mia ventura.

Lasciatevi un poco passar la collera. FLAMMINIO. Io dico, rendemi Fabio. CLEMENZIA. Vel renderò. FLAMMINIO. Basta. Fallo venir giú. CLEMENZIA. Oh! Non tanta furia, per mia ! ché, s'io fussi giovane e ch'io vi piacessi, non m'impacciarei mai con voi. E che è di Isabella? FLAMMINIO. Io vorrei che la fosse squartata. CLEMENZIA. Eh! Voi non dite da vero. FLAMMINIO. S'io non dico da vero?

CLEMENZIA. In buona , che Flamminio debbe essere tornato a stare in Modena, ch'io veggio l'uscio suo aperto. Oh! Se Lelia lo sapesse, gli parrebbe mill'anni di tornare a casa di suo padre. Ma chi è questo fraschetta che tante volte m'attraversa la strada, questa mattina? Ché pur mi ti metti fra' piei? ché non mi ti levi dinanzi? ché pur ti vai attorniando? che vuoi da me?

FLAMMINIO. È possibil, però, ch'io sia tanto fuor di me e mi stimi poco ch'io voglia amare a suo dispetto costei e servir chi mi strazia, chi non fa conto di me, chi non mi vuol pur compiacer sol d'uno sguardo? Sarò io da poco e vile ch'io non mi sappi levar questa vergogna e questo strazio da dosso? Ma ecco Fabio. Or ben, che hai fatto? LELIA. Nulla.

M'incresce d'avervel detto. FLAMMINIO. Fu vero? CRIVELLO. Signor . Ma io mi so' scordato ch'io avevo un testimonio. FLAMMINIO. Chi era? CRIVELLO. Lo Scatizza di Virginio. FLAMMINIO. Vidde egli ancora? CRIVELLO. Come me. FLAMMINIO. E se egli nol confessa? CRIVELLO. Ammazzatemi. FLAMMINIO. Farollo. CRIVELLO. E s'egli il confessa? FLAMMINIO. Amazzarò tutt'e due. CRIVELLO. Oimè! Perché?

FLAMMINIO. Cosí ti giuro; e cosí farei. CLEMENZIA. Tu sia testimonio. CRIVELLO. Io ho inteso; e so ch'egli il farebbe. CLEMENZIA. Ora io ti vo' far conoscer chi è questa donna e chi è quel cavaliere. Fabio! o Fabio! Vien giú al signor tuo che ti domanda. FLAMMINIO. Che ti par, Crivello? Parti ch'io amazzi questo traditore o no? Egli è pure un buon servitore. CRIVELLO. Oh!

Ma è stata in questa terra una giovane che, accorgendosi d'esser mirata da un cavaliere par vostro modanese, s'invaghí tanto di lui che la non vedeva piú qua piú che quanto era longo. FLAMMINIO. Beato lui! felice lui! Questo non potrò giá dir io. CLEMENZIA. Accadde che 'l padre mandò questa povera giovane innamorata fuor di Modena.