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Aggiornato: 25 giugno 2025


E cosí, una mattina per tempo, me ne uscii in questo abito fuor del monistero che, per esser fuor della terra come gli è, mi die' molto animo e fu molto a proposito. E anda'mene al palazzo ove Flamminio abitava, che sai che non è molto discosto dal monistero; ed ivi mi fermai tanto che gli uscí fuora.

E, se voi facesse a mio modo, pigliaresti altro partito e vi risolvaresti de' casi vostri: ché, per quel ch'io n'ho potuto comprendere insino a qui, voi vi perdete il tempo; ché la si mostra ostinatissima a non voler far mai cosa che vi piaccia. FLAMMINIO. E, se 'l dicesse Iddio, l'ha pure il torto.

Dice la mia padrona che ti prega che tu venga tosto fin a lei, ché suo padre non è in casa e ha bisogno di parlarti d'una cosa ch'importa. LELIA. Digli che, se non si leva dinanzi Flamminio, che perde il tempo: ché la sa ben ch'io mi rovinarei. PASQUELLA. Viene a dirgliel tu. LELIA. Io dico che ho altro da fare. Non odi? PASQUELLA. E che hai da fare? Dacci una corsa; e tornarai subito. LELIA. Oh!

LELIA. Se quella povera giovane fu prima vostra innamorata, e anco piú che mai v'ama, perché l'avete abbandonata per seguire altri? Il qual peccato non so se Iddio ve lo possa mai perdonare. Ahi, signor Flamminio! Voi fate, per certo, un gran male. FLAMMINIO. Tu sei ancora un putto, Fabio, e non puoi conoscere la forza d'amore.

Ti so dir che la m'ha chiarito! CLEMENZIA. E ! A voi giovinacci sta bene ogni male, ché sète piú ingrati del mondo. FLAMMINIO. Questo non dir per me: ch'ogni altro vizio mi si potrebbe forse provare; ma questo dell'essere ingrato, no, ché piú mi dispiace che ad uom che viva. CLEMENZIA. Io non lo dico per voi.

CRIVELLO. Il viso no, ma le labbra . FLAMMINIO. Oh! Possonsi accostar le labbra senza il viso? CRIVELLO. Se l'uomo avesse la bocca nelle orecchie o nella cicottola, forse; ma, stando dove le stanno, credo che no. FLAMMINIO. Guarda che tu vedesse bene, che tu non dica poi: E' mi parve ; ché questa è una gran cosa che tu mi dici. CRIVELLO. Maggiore è il Mangia che sta in cima alla torre di Siena.

PASQUELLA. Clemenzia, dice Virginio che tu venga adesso adesso a casa nostra perché gli ha dato moglie a Fabrizio suo figliuolo che è tornato oggi; e bisogna che tu vada a casa per metterla in ordine, ché tu sai che non vi sono altre donne. CLEMENZIA. Come moglie? E chi gli ha data? PASQUELLA. Isabella, figliuola di Gherardo mio padrone. FLAMMINIO. Chi?

FLAMMINIO. Io vorrei piú presto esser questo aventurato amante che esser signor di Milano. CLEMENZIA. E che piú? Questo suo amante, non la conoscendo, l'adoperò per mezzana tra quella sua innamorata e lui; e questa poveretta, per fargli piacere, s'arrecò a fare ogni cosa. FLAMMINIO. Oh virtuosa donna! oh fermo amore! cosa veramente da porre in esempio a' secoli che verranno!

FLAMMINIO. Non dico te; ma Isabella e Fabio. CRIVELLO. E che voi abbruciate quella casa, con Pasquella e con chi v'è dentro. FLAMMINIO. Andiamo a trovar lo Scatizza. S'io non nel pago, s'io non fo dir di me, se tutta questa terra non lo vede... Ne farò tal vendetta!... Oh traditore! Vatti poi fida. PEDANTE, FABRIZIO giovine figliuol di Virginio e STRAGUALCIA servo.

Veggio che costei è giá venuta al bacio; e verrá, la prima volta, piú avanti; e trovarommi aver perduta ogni cosa: tal che forza è ch'e' si scuopra la ragia. Voglio andare a trovar Clemenzia di quanto gli par ch'io faccia. Ma ecco Flamminio. CRIVELLO. Scatizza, il padrone mi disse aspettarmi al banco de' Porrini. Vo' dargli questa buona nuova.

Parola Del Giorno

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