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Aggiornato: 18 luglio 2025


Ti ricordo che non senza cagione ti han posto nome Fioretta, accioché tu ti accorga che questa tua bellezza se ne va come un fiore: la mattina è bello, la sera languido e secco. Or che sei nella primavera, sappilo conoscere, che presto verrá l'autunno, sfronderai, diverrai secco, e non serai buono per insalata per salsa. ESSANDRO. Che vorresti dir per questo?

NEPITA fantesca ESSANDRO giovane, sotto abito e nome di Fioretta fantesca CLERIA giovane innamorata GERASTO vecchio PANURGO servo di Essandro FACIO dottor di legge ALESSIO giovane PELAMATTI servo SANTINA moglie di Gerasto MORFEO parasito GRANCHIO servo di Narticoforo NARTICOFORO pedante Speciale Capitan DANTE spagnuolo Capitan PANTALEONE spagnuolo APOLLIONE vecchio TOFANO servo.

Ella stava dubbiosa e timida, come la volessi uccidere; e io con le piú dolci parole che sapeva, dicea: Dolce Fioretta mia, cara mia moglieretta, core, vita, occhi!... SANTINA. Mira il furfante con quanto sapor lo dice! GERASTO.... L'abbraccio e mi sento pungere il mustaccio, come fusse uomo.

SANTINA. Digli ch'io trovi finito lo staglio quando ritorno. NEPITA. Non bisogna dircelo, ché giocano a chi piú fa. Ma Fioretta lavora tanto gagliardo che Cleria gli cede e si per vinta. SANTINA. Dille che si serrino dentro e ponghino il chiavistello. NEPITA. Ce l'han posto. SANTINA. Non ci l'ho inteso entrare. NEPITA. Ci è dentro, vi dico. SANTINA. Or esco con animo quieto. Tu sali su.

La vostra cortesia vinca il mio merito; gradite la mia dimanda la qual quanto è piú importante, piú mi dimostra il vostro amore e la cortesia. Fioretta mia sorella m'ha riferito che per questo vicolo rare volte vi passa persona, e vi è una porta che vien dritto in camera vostra, e la balia ne tien la chiave: se ciò mi negate, dirò che non da téma di onore, ma vien da desiderio della mia morte.

NEPITA. Padrona, di grazia, ascoltate, ché certo sará altro di quel che pensate. SANTINA. Ragiona presto, finiamola: ti vo' dar questa sodisfazione prima che facci la festa di fatti tuoi. GERASTO. Sappi per certo, moglie mia cara, ch'io son stato innamorato di Fioretta, e per dirtelo chiaro, arei pagato la robba, i figli e la vita, per godermi una volta lei,...

GERASTO. Maritaremo subito Fioretta e la caveremo di casa, che non è buona per servire: è troppo delicata, pare una gentildonna; ne troveremo una piú rustica, che possa spezzar legna, carriarle, far la bucata, star in cocina e sovra tutto, bisognando, toccar delle bastonate. SANTINA. Fioretta l'ho maritata giá. GERASTO. L'ho maritata io con un mio amico con men di dugento ducati di dote.

E che quindi fo argomento che non risponde con amore a chi l'ama, con la fede a chi gli è fedele: e non cercando vedermi, come posso creder che m'ami? ESSANDRO. Signora, state sicura ch'egli sempre vi vede. CLERIA. Mi vede, eh? ESSANDRO. Vi vede, vi parla, vi tocca e vi sta sempre appresso. CLERIA. Egli mi tocca e vede? Fioretta, dici da vero? ESSANDRO. Cosí da vero come vi vedo e tocco io.

ESSANDRO. Col fidarmi di costei, ho fatto duo buoni effetti: toltomi dinanzi lei, che era la maggior nemica che avessi in questa casa, e adesso, come consapevole, mi aiutará con la sua fígliana. CLERIA giovane, ESSANDRO. CLERIA. Fioretta mia, fatti piú in qua, che non m'oda mia madre che sta nell'anticamera. ESSANDRO. Eccomi, signora mia.

La scena dove si rappresenta la favola è Napoli. NEPITA, ESSANDRO sotto nome e abito di Fioretta fantesca. NEPITA. Non può esser mai pace in una famiglia, quando vi capita qualche fantesca di cattiva condizione. Da che ha posto piede in casa questa maladetta Fioretta, non ci è stata piú ora di bene.

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