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Aggiornato: 15 giugno 2025
Così la madre al figlio par superba, com’ ella parve a me; perché d’amaro sente il sapor de la pietade acerba. Ella si tacque; e li angeli cantaro di sùbito ‘In te, Domine, speravi’; ma oltre ‘pedes meos’ non passaro. Sì come neve tra le vive travi per lo dosso d’Italia si congela, soffiata e stretta da li venti schiavi,
Quando più ne' profondi orti le rose aulivano per l'aria de la sera e mesceasi a quel lor tepido fiato sapor di miele da' pomari d'oro, venne Isaotta un tempo a le mie braccia, candida e mite quale a maggio luna. com'ella sovra me. Caldo il suo fiato io sentìa su 'l mio volto, ed a la luna vedea brillare la cesarie d'oro cui cingevano i miei sogni e le rose.
Cosi` la madre al figlio par superba, com'ella parve a me; perche' d'amaro sente il sapor de la pietade acerba. Ella si tacque; e li angeli cantaro di subito 'In te, Domine, speravi'; ma oltre 'pedes meos' non passaro. Si` come neve tra le vive travi per lo dosso d'Italia si congela, soffiata e stretta da li venti schiavi,
Giù per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s’io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s’io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico».
Ciávola, quasi disteso sotto la panca, agitando di tratto in tratto le lunghe gambe corritrici, farneticava di cacce clandestine nelle bandite del marchese di Pescara, poichè il sapor selvatico della lepre gli risaliva su per la gola e il vento recava l’odor resinoso dei pini dalla boscaglia marittima.
Giu` per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s'io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s'io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico>>.
Sedette; sentì che il male e la stanchezza precipitavano su di lei con peso inesorabile; doveva fortemente resistere per non curvare le spalle, per tener gli occhi aperti; ma portava spesso la mano al collo, al petto, dove un'arsura di fuoco la divorava; batteva la lingua contro il palato, temendo d'assaggiar l'orribile sapor dolciastro del sangue.
196 Orlando un suo mandò sul legno, e trarne fece pane e buon vin, cacio e persutti; e l'uom di Dio, ch'ogni sapor di starne pose in oblio, poi ch'avvezzossi a' frutti, per carit
Sanno bensí in coscienza di aver comune con essi la intenzione; ma l'ingegno poi e le forze..., queste sono altre cose. «Non omnia possumus omnes», soleva dire ogni tratto il barbiere di Tom Jones. Sapor di lingua! E che sapete voi mai, o israeliti, d'altro sapore fuor di quello dell'oca? Don Anastasio dunque lasciò scritta, o lettori, una Notizia storica.
LECCARDO. E quando starò abbracciato con te, mi parrá di gustare il sapor di tutti quest'animali, o mia vacca, o mio porchetto, o mia agnella, o mia capra! CHIARETTA. Starò dunque mal appresso te, che non mi mangi. Ma arei caro darti martello. LECCARDO. Sei piú atta a riceverlo che a darlo. Oh come par bella Carizia or che pompeggia fra quelle vesti.
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