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Aggiornato: 24 maggio 2025
Giù per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s’io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s’io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico».
Ecco io abbraccio le ginocchia; né mi levarò da queste mai, se non mi dái alcun saggio che, avendo a far penitenza tutto l'avanzo della mia vita, in ricompensa io ne abbi a sperare il perdono. CINTIA. Erasto, alzatevi e non mi offendete con questo atto: perché inchinarvi dinanzi a una che vi fu sempre serva? ERASTO. Non mi levarò mai se non mi date prima la penitenza.
72 Li quali parimente arser di grande sdegno contro alla figlia, e di grand'ira; che vider ben con queste sue domande, ch'ella a Ruggier più ch'a Leone aspira: e presti per vietar che non si mande questo ad effetto, a ch'ella intende e mira, la levaro con fraude de la corte, e la menaron seco a Roccaforte.
LAMPRIDIO. Anzi l'incendio d'amore arde e si fa sentir di lontano piú che da presso. Ma io vo' palesarti il mio pensiero: le cose vietate sogliono piacere e le possedute rincrescere; io con l'esser venuto qui in Napoli, veggendola di continuo, per la troppa abondanza mi verrá in fastidio e mi levarò da questo amore.
Giu` per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s'io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s'io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico>>.
Giù per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s’io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s’io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico».
E, per questo, i' sono sforzato d'impegnarmi e gli amici e quanti cognosco per compir alla promessa della dote ch'io gli ho fatto; insino a tanto che l'infelice mia consorte mi mandi qualche danaio da casa. Cosí mi levarò pur di sospetto di quel pedantaccio ignorante: ché non mi maraviglio se non di chi gli crede a tali uomini che sono piú tosto l'infamia del mondo che no.
Giu` per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s'io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s'io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico>>.
DOTTORE. Io con la giustizia gli levarò Melitea con la vita. FORCA. L'uno e l'altra si strangolerá, e preverrá con una morte volontaria la violenta. DOTTORE. Ti do podestá che s'elegga un marito, come saprá desiderarlo. FORCA. Non bisogna piú elezione, ché se l'ha eletto giá; anzi una cosa vi fo saper certissima: che né voi vedrete piú lei, né Filigenio il suo Pirino. DOTTORE. Come?
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