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Aggiornato: 17 maggio 2025


ESSANDRO. Quel che è fatto non può farsi che non sia fatto. GERASTO. Accomodaremo questo fatto poi con un altro fatto. ESSANDRO. Merito per ciò, dunque, d'esser ucciso? GERASTO. Ucciso, no; ferito di punta, ben , se il pugnale non mi vien meno, almeno finché ne serò satollo. ESSANDRO. Sète voi tanto crudele? GERASTO. A te è una pietá l'esser crudele.

ESSANDRO. Or la fede che ho avuta in te, di averti scoverto quei secreti che fin qui non ho confidato con niuno, ti obliga ad essermi fedele; ché conseguito il matrimonio, farò che le leggi della nobiltá abbino quella forza in me che aver denno.

Entrarò prima e farò con bel modo che Gerasto venghi a ricevervi. MORFEO. Ricordati dirgli che siamo stracchi e affaticati e morti di fame per essermo stati mal trattati nelle osterie, accioché ne proveda benissimo. ESSANDRO. So che non pensi ad altro. MORFEO. E se lo sapete, perché farvelo ricordare da me?

ESSANDRO. Col fidarmi di costei, ho fatto duo buoni effetti: toltomi dinanzi lei, che era la maggior nemica che avessi in questa casa, e adesso, come consapevole, mi aiutará con la sua fígliana. CLERIA giovane, ESSANDRO. CLERIA. Fioretta mia, fatti piú in qua, che non m'oda mia madre che sta nell'anticamera. ESSANDRO. Eccomi, signora mia.

NEPITA fantesca ESSANDRO giovane, sotto abito e nome di Fioretta fantesca CLERIA giovane innamorata GERASTO vecchio PANURGO servo di Essandro FACIO dottor di legge ALESSIO giovane PELAMATTI servo SANTINA moglie di Gerasto MORFEO parasito GRANCHIO servo di Narticoforo NARTICOFORO pedante Speciale Capitan DANTE spagnuolo Capitan PANTALEONE spagnuolo APOLLIONE vecchio TOFANO servo.

NEPITA. Non dubitar che alle donne piacciono piú questi uomini di grosso ingegno che quelli di delicato e sottile, per esser troppo fastidio a trattar con loro che nel piú bel maneggiargli o si torcono o si spezzano. Ma come ponno star insieme due cose contrarie? se tu sei innamorato di Cleria, come sei ruffiano di Essandro, quel tuo parente?

ESSANDRO. Deh, perché mi burli e aggiungi beffe a beffe? PANURGO. Allegrati della mia allegrezza adesso, come io mi son allegrato della tua: ch'io ho ritrovato mio figlio. ESSANDRO. Chi è tuo figlio? PANURGO. Vieni in casa e lo saprai, ch'io non vo' tanto prolungar il tempo che possi abbracciare e stringere la tua Cleria piú che una tanaglia.

ESSANDRO. pensiate, signora, ch'io avessi avuto ardir di venir a ragionarle, se non avessi fatto fra me la medema deliberazione. Son troppo incomparabili le vostre bellezze, il mio cuore sa arder se non per voi, questi occhi sanno in altro specchiarsi se non in voi, lucidissimo mio sole.

GERASTO. Non le fará mancar da mangiare. ESSANDRO. questo le manca in casa sua. GERASTO. E perché è un poco infermo, non gli dará tanto fastidio. ESSANDRO. Le moglie vogliono questi fastidi. GERASTO. Dargli poca dote è pur buona cosa. ESSANDRO. Per non scemar voi la vostra borsa, volete far sempre star vôta quella di vostra figlia.

Questa arte dovevi far tu, quando eri giovane. NEPITA. E ti par dunque ch'or sia vecchia? ESSANDRO. Mi par, no; lo tengo per certo, . NEPITA. Dunque hai per certo che sia vecchia? ESSANDRO. Tu stessa il dici. NEPITA. Menti per la gola: odoro piú io morta che tu non puzzi viva, e a tuo dispetto son piú aggraziata di te.

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