United States or Kiribati ? Vote for the TOP Country of the Week !


NEPITA. Chi ti consigliò questo? chi ti diè tanta audacia? ESSANDRO. Amor mi fu consigliero, Amor mi diè l'ardimento e di sua mano mi pose questo abito adosso, Amor mi fe' il sensale e mi condusse a servirla. NEPITA. O Dio, che cosa ascolto!

Mi vai tutto il giorno passeggiando con i guanti alle mani come una gentildonna: cosí si serve? cosí si mangia il pan d'altri, eh? ESSANDRO. Nepita, come tu sei stracca di travagliar te stessa, attendi a travagliar gli altri: giocherei che non sai quel che vogli o non vogli.

ESSANDRO. Che isconsigliato consiglio fu quello che tu mi desti! PANURGO. Chi avesse potuto pensare che avessero voluto venir cosí presto? ESSANDRO. Aiutami, ch'io moro! PANURGO. A che voleti che vi aiuti, a dolervi? ESSANDRO. Oimè! PANURGO. Oimè! MORFEO. Oimè! ESSANDRO. Oimè, che mi moro di dolore! PANURGO. Oimè, che mi moro di dolore! MORFEO. Oimè, che mi moro di fame!

La scena dove si rappresenta la favola è Napoli. NEPITA, ESSANDRO sotto nome e abito di Fioretta fantesca. NEPITA. Non può esser mai pace in una famiglia, quando vi capita qualche fantesca di cattiva condizione. Da che ha posto piede in casa questa maladetta Fioretta, non ci è stata piú ora di bene.

CLERIA. Lo dici per ischerzar meco; io sarei cosí sciocca o fuori di me medema, che veggendomi innanzi e ragionandomi quello che piú della propria vita amo, io non lo conoscessi. ESSANDRO. Anzi, or ora vi vede. CLERIA. Forse sta nascosto qui intorno? ESSANDRO. Dico che vi sta innanzi come io, e vi parla come io.

ESSANDRO. Dunque non si può gustare senza conoscerla? NEPITA. Come hai potuto contenerti? ESSANDRO.... Io, vedendo ch'ella era vergine e che non sentiva ancora di cose di amore, dubitai che, scoprendomele, l'avesse manifestato a suo padre o madre che m'avessero scacciato di casa, e la mia temeritá m'avesse posto a rischio di farmi perdere tanto bene.

ESSANDRO. Mi burli? hai torto straziarmi cosí. PANURGO. Voi volete che v'aiuti a dolervi, io vi aiuto: questa è cosa di poca fatica. ESSANDRO. Facciamo collegio tra noi della mia vita, e consigliamoci l'un l'altro se dobbiamo fuggircene.

CLERIA. Egli mi tocca? ESSANDRO. Ti abbraccia, ti bacia e ti vede sempre, e ha tanto piacer di vederti e di abbracciarti che mai simil ebbe; ed egli si terrebbe felicissimo se in quel punto fusse riconosciuto da voi. CLERIA. Scherzi, eh? ESSANDRO. Possa morir se scherzo. CLERIA. Perché dunque non mi si scuopre? ESSANDRO. Perché dubita. CLERIA. Di che dubita?

ESSANDRO. E l'altro mezzo assai peggio che vivo, anzi son morto tutto, e non ci è altro di vivo che il core, capace e pieno d'infiniti dolori. MORFEO. Siete forse stato in cucina, ché il fumo vi fa piangere? ESSANDRO. Voi ridete, ché non avete ancora inteso il vostro male. PANURGO. M'uccidete tacendo. ESSANDRO. Vuoi farmi un piacere, e te n'arò molto obligo? PANURGO. Voglio. ESSANDRO. Ammazzami.

PANURGO. Qualche cosa faremo. ESSANDRO. Questo qualche cosa è niente. PANURGO. Poiché abbiamo cominciato ad ingarbugliar Gerasto, ingarbugliamolo insino al fine. ESSANDRO. Come l'ingarbugliaremo? PANURGO. Non dubitar punto, stammi allegro e lascia fare a me che mi sono trovato a magiori garbugli di questi. ESSANDRO. Fa' che non sia bugiarda la speranza che ho in te.