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Aggiornato: 6 maggio 2025


«Non abbastanzagridò l'Attilio, con una compiacenza infernale; «su, presto, cinque remi fanno assai più che due, e penso che a quest'ora dovran essere ben stracchi. Anche voi, Visconti, ecco il vostro remoCosì fu fatto, e quelle dieci braccia diedero una spinta veloce ai navicelli, che in poco tempo poterono distinguere assai bene la gondola del Malumbra che gi

Dopo una risciacquata e una golata, la buttai in terra come se fosse stato un liquido avvelenato. Puah! Lo smanettamento, la consegna delle buste coi denari e la registrazione dei detenuti durò una buona mezz'ora. I viaggiatori sembravano stracchi morti. Nessuno diceva una parola. Qualcuno sbocconcellava la pagnotta e qualche altro rimaneva in piedi.

Gli schioppi e le munizioni erano celati da coperte, e uomini e bestie si tirava innanzi adagio come stracchi da lunga marcia, ma senz'aria di frodo e facendo lo gnorri per non pagar dazio.

I ventiquattro, dopo dieci ore di processo, ritornavano in camera sfiniti o stracchi morti, mangiavano un boccone e si buttavano sul pagliericcio con la speranza d'addormentarsi subito e dimenticare ciò che avevano sentito nella giornata.

Entrarò prima e farò con bel modo che Gerasto venghi a ricevervi. MORFEO. Ricordati dirgli che siamo stracchi e affaticati e morti di fame per essermo stati mal trattati nelle osterie, accioché ne proveda benissimo. ESSANDRO. So che non pensi ad altro. MORFEO. E se lo sapete, perché farvelo ricordare da me?

FILIGENIO. O Dio, che avessi un bastone! ché avendo tu la pelle delle spalle piú indurita di quella degli asini, se ti do con le mani, offenderò piú me che te. O che unguento di cancheri! Traditorissimo, se non ti disponi a dirmi la veritá, proverai lo sdegno di un padron irato e schernito da te. Ti darò tante bòtte che amboduo restaremo stracchi, io di dar, tu di ricevere.

Abbiamo trasformato i cenci in pasta, ci resta da fare il meglio: trasformare la pasta in carta . Questa meravigliosa trasformazione fu narrata egregiamente da un nostro grande poeta, Giuseppe Giusti, quando andò a vedere le cartiere del Cini a San Marcello, nella montagna pistoiese. Uditelo: «...Noi arrivammo stracchi e affamati, e a farla apposta in quel momento la macchina non andava; ma il ministro della cartiera, che è un buon modenese, ci usò la cortesia di farla allestire, sebbene noi, aggiunta alla stanchezza e all'appetito anche la noia dell'aspettare, volessimo andar via a tutti i patti. Ed ecco, puliti i cilindri e ammannito il tutto, la macchina comincia a muoversi: vedere quello spettacolo e cessare la stanchezza fu tutt'una. Immagina due grandi stanze unite da più archi a rottura, l'una di solaio più alta che l'altra: nella superiore, vedi cinque grandi pile di pietra, nelle quali i cilindri triturano continuamente il cencio, e non ce ne vogliono di meno, perchè la macchina va con tanta rapidit

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