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Aggiornato: 29 giugno 2025
E l’anima tutta dolorosa rispondeva: «Su questo corpo intemerato e puro io ho posto tutto il mio amore, e non ho il coraggio d’abbandonarlo». «Fanciulla mia! esci. Io ti accoglierò negli altissimi cieli, sotto al mio trono immortale, coi Serafini e Cherubini». E l’anima esitava. Il Signore allora impresse un bacio sulla fronte a Mosè e con quel bacio l’anima volò in cielo.
L'ufficiale escì. Allora Camilla si volse al cavaliere di Malta, e con qualche esitazione: In verit
Dunque, disse il conte alzandosi, fra qualche giorno partiremo insieme. E dopo aver salutata Camilla, e stretta nuovamente la mano dell'ufficiale, escì. Quando furono soli, Federico si volse a sua moglie; la fissò qualche momento senza profferir parola, come attendesse da lei una spiegazione, indi: Perchè quando vi sposai non mi svelaste il segreto? Il suo accento era più triste che severo.
Forse è la sola da cui si possa guarire.... col tempo. L'onesto Macario Tuccimei escì, pensoso, dalla casa del dottore. E se, poi, avesse ragione lui? pure è curiosa che un uomo, per essere tranquillo, si deva procurare una certa dose d'infelicit
Ma tedet mihi che 'l mio precettore urisca inelle viscere come arida stipula. Ma será buono ch'io volti giú per questa viècula acciò che piú presto me espedisca da questo negozio. CURZIO. Sollécitati, esci qui fuori. Giá son presso che tre ore e non será se non buono ch'io me invii pian piano in lá. Oh Amore!
E tu pure, o vivace farfalla dalle candide ali, esci dalla tua prigionia secolare; percorri liberamente il giardino del creato; inebbriati di luce e di profumi, raccogli il fiore che ti sorride, e, santificato da' tuoi baci, chiudilo nel tuo seno palpitante! Povera fanciulla! Aspettare, desiderare, morire...! tale la legge infame degli uomini antichi, de' tuoi oppressori brutali.
Or tu da quel romito angolo oscuro, Gangetico Assalonne, esci, e la tua Patetica parola ai salutari Sbadigli i labbri e gli occhi al sonno inviti. Dal curïoso sguardo dei profani Un umile pudor forse t'esclude? Virtù di debolette alme è il pudore, E non solito a te. Nè, se arruffata Su le groppe rachitiche ti ondeggia La popolosa zazzera, nemica Di baveri non unti e di severi Pettini; o a mala pena entro al rapato Abito puëril movesi il petto Stento e gli attratti gomiti, indulgente Men ti sar
Rifioriti, certo disse, levandosi, Clara. Viole mammole? Rose bianche? Crisantemi, crisantemi, Anna! e sulla tetra parola fece una gran risata, si licenziò con un sorriso da Serra, con una stretta di mano da Anna, attraversò il salone, salutando ancora qualcuno ed escì.
Ciò detto, escì.... Donna Maria si era fatta pallidissima invece di arrossire. La rabbia si dipingeva sul volto di Camilla. Leggete dunque, signora, disse alla principessa. Donna Maria lesse, ma a bassa voce e sola. Le parole del conte glielo avevano suggerito. Il dispetto, che provò a quella lettura, fu sì vivo che toccò il vero dolore. Oh, mormorò, ecco dunque quanto ottenni!
Camilla provò un senso di dolore sì vivo che la esasperò, perchè in mezzo ai suoi delitti, a tante orribili colpe ella lo aveva amato con vera passione. Or qual maggior tortura che destare ribrezzo in chi si ama? E parve a Camilla una pena d'inferno! Il conte accennò a Dal Pozzo di trascinar via Federico, che depose un ultimo bacio sulla fronte della sorella ed escì disperato.
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