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Aveva delle ore di languore estremo. Pregava appassionatamente, sopratutto la sua preghiera d' elezione, ch'era il De Profundis. Diceva il primo versetto con un fervore che le metteva dei singhiozzi nella voce: De profundis clamavi ad te Domine, Domine exaudi vocem meam.

Amar vogl'io, di quell'amor che avvampa In te, e ne' tuoi più nobili viventi, Di quell'amor che da' rei lacci scampa, Di quell'amor che regge infra i tormenti, Di quell'amor che all'universo è lampa Nella chiesa infallibil de' redenti, Di quell'amor pio, ver, forte, Che abbella e vita, e gioie, e strazi, e morte! Domine, qui amas animas.

La trasformazione degli stemmi fu presto fatta: alla croce fiancheggiata dalla spada e dall’ulivo, col terribile motto: Exurge, Domine, et judica causam tuam, venne sostituita l’ardita aquila palermitana col classico S. P. Q. P. ¹¹⁶ Provviste del Senato, a. 1788-89, p. 112.

Che domine può avere con quel palazzo, dal quale non leva mai gli occhi? S'è fatto sposo stanotte. S'io fossi ne' suoi panni, mi comporterei con molto maggior senno, e penso che la signora di Rimini merita le occhiate di un galantuomo ben più che le pietre di un palazzo. La signora di Rimini, hai detto tu, va benissimo.... ma ci starebbe la signora Perugia....

Ver è che, d'uomo come statoa tronca di braccia e gambe, in que' legami resto, e cosí giacqui stretto in picciol conca. «Ah, Domine Deus, ecce nescio loqui, quia puer ego sum». HIEREMIAS. Chi fu la donna dissi cui calse gittarmi in terra nudo al vento e pioggia, onde 'l mio corpo di gran gelo n'alse?

Nella nostra cappella al ponte Sisto arrivava dalla chiesa superiore la voce dei preti che andavano salmodiando: «Domine! Domine! Misererequasi voce delle anime che in purgatorio vanno cantando miserere verso a verso.

E la face crudel della contesa Fra le varie contrade Itale spegni, E ferva ognuna al comun bene intesa! E dell'alma Penisola i bei regni Di dura signoria non giaccian preda, Ne' di plebei sovvertitori ingegni! Ad ogni alta virtù l'Italo creda! Ogni grazia da Dio l'Italo speri! E credendo e sperando ami, e proceda Alla conquista degli eterni veri. Altaria tua! Domine virtutum.

LIMOFORO. Tu non sei Limoforo; ma vorresti esserci per ingannar me, che sono il vero Limoforo. PEDANTE. Tarde venisti, domine. PSEUDONIMO. Son venuto molto presto, piú che aresti voluto; e mal per voi. LIMOFORO. Tu veramente sei un furfante, un truffatore. PSEUDONIMO. Voi molto vi discomponete verso di me. LIMOFORO. Perché n'ho ragione. PSEUDONIMO. Che ragione?

Ed ecco piangere e cantar s’udìe ‘Labïa mëa, Domine’ per modo tal, che diletto e doglia parturìe. «O dolce padre, che è quel ch’i’ odo?», comincia’ io; ed elli: «Ombre che vanno forse di lor dover solvendo il nodo». come i peregrin pensosi fanno, giugnendo per cammin gente non nota, che si volgono ad essa e non restanno,

«Domine, falla tristaguardandola dietro, e scuotendo il capo disse Matelda d'Arena antica damigella. «Da che il più scioperato Menestrello che mai venisse in corte le cantava i suoi occhi lagrimosi non avere paragone in cielo o in terra, io credo che per cavarne una lagrima gli esporrebbe, non che ad altro, al fumo di zolfo