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Aggiornato: 8 giugno 2025
PANDOLFO. Sappi, il mio caro Cricca, che fra i mancamenti della mia vecchiaia il maggior è l'amore.... CRICCA. Che umor di malinconia o di pazzia! PANDOLFO. Non mi interrompere: so che vuoi dire che son vecchio di settant'anni. CRICCA. Questo volevo dirvi.
CRICCA. ... che veniate con Eugenio vostro figliuolo.... PANDOLFO. E poi? CRICCA. ... accioché egli consenta al vostro matrimonio. PANDOLFO. Ben bene! me ne vo ora con Eugenio mio figliuolo. CRICCA. Padrone, voi non mostrate tanta allegrezza quanto io stimava. PANDOLFO. Se ben taccio con la bocca grido con il cuore: l'allegrezza mi ha talmente occupato i sentimenti che non so dove mi sia.
PANDOLFO. Ove son le ferite, ove i buchi? ti ho tòcco pur tutto e non ci è nulla. CRICCA. Son tutto una ferita, tutto un buco, ogni cosa che tocchi è ferita o buco, però non troverai nulla. PANDOLFO. Io non tocco né vedo piaga. CRICCA. Pian piano, di grazia, non toccate ché mi fate male, non mi fate morire innanzi tempo. PANDOLFO. Io dico che non hai male alcuno.
LELIO. Chi è costui che opra cosí gran maraviglie? CRICCA. Uno astrologo nuovamente stampato, che con le sue astrologherie astrologa tutti gli uomini. LELIO. Che ha che fare l'astrologia col transformare un uomo nell'altro? CRICCA. Che so io? non potrei tanto dirvene che non restasse piú a dirvene. LELIO. Che ne sai? CRICCA. L'ho visto con questi occhi.
GUGLIELMO. A me ne dimandate? PANDOLFO. A chi vuoi che ne dimandi? GUGLIELMO. Che argento dite voi? PANDOLFO. Che ti ha consegnato l'astrologo dopo che fosti trasformato. GUGLIELMO. Che astrologo, che trasformazione? PANDOLFO. Or questo è un altro diavolo, duomila scudi d'argento: sarebbe cosa da farmi arrabbiare! CRICCA. Ah, ah, ah! mirate che ride! vuol scherzare con voi il traditore.
CRICCA. Non ve ne trattarò se prima non mi promettete la mancia. PANDOLFO. Siati promesso quanto saprai chiedermi, e di straordinario ancora. CRICCA. Voi vedete la mia cappa che ha solamente perduto il pelo, che tutta l'acqua del legno santo e della salsapariglia del Perú non bastaranno a restituircelo. PANDOLFO. Arai cappe, calze e calzoni, e quanto saprai chiedermi.
CRICCA. L'ora è tarda: sará meglio andarci domani. PANDOLFO. Il «domani», il «farò» e l'«andarò» sono figli del niente: bisogna andare ora. CRICCA. Or riposano i vecchi. PANDOLFO. L'innamorato non ha riposo mai. CRICCA. Informatevi prima chi sia, ché forse sará qualche truffatore. PANDOLFO. Guarda nol dire, ché intende quanto si dice di lui e ci fará andare in visibilium. CRICCA. Chi?
CRICCA. Avverti bene che non sei Guglielmo. VIGNAROLO. E se non son Guglielmo, che s'è fatto del vignarolo? CRICCA. La prima bozza e lo stelo della tua persona era il vignarolo, il color poi e la sembianza di sopra era di Guglielmo: è sparito via quel colore e quella apparenza di Guglielmo, ed è restata la persona del vignarolo che era prima.
PANDOLFO. Il malanno che ti venga! io vorrei che tu mi alleggerissi e non mi aggravassi i miei guai. Per che ti dissi al principio che tu hai sempre avuto dell'asino. CRICCA. Se ho avuto dell'asino in consigliarvi, da or inanzi avrò del savio nel tacere. A' padroni bisogna dire che i suoi vizi e mancamenti sieno virtú, se vuoi sperare utile; ché facendo il contrario, è molto pericoloso.
PANDOLFO. Or mentre l'astrologo sta trasformando il vignarolo, Cricca, vo' dirti un mio pensiero. CRICCA. Dite. PANDOLFO. Non mi basta il core a donar all'astrologo la catena d'oro che gli ho promesso. CRICCA. Chi ha promesso attenda. PANDOLFO. Confesso che fui troppo voluntaroso, e me ne pento.
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