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Aggiornato: 28 maggio 2025
A Sparta ed a Corinto i costumi privati delle donne non erano così regolari come ad Atene. A Corinto il vizio era libero, ognuno aveva il completo godimento di sè stesso. A Sparta, Licurgo aveva voluto, come diceva Aristotele, imporre la temperanza agli uomini e non alle donne; queste, molto prima di lui, vivevano nel disordine e si abbandonavano quasi pubblicamente a tutti gli eccessi.
E si va a vedere l'esposizione dei prodotti alimentari, meno pericolosa per la fantasia: una passeggiata d'un miglio, o poco meno. Chiudete gli occhi, pigliatevi la testa fra le mani, e cercate di rappresentarvi tutto quanto di più strano e di più raro può mettersi in corpo un uomo senza rischiare la vita: c'è tutto. Potete bere, a quindici centesimi, un bicchiere delle quattordici sorgenti d'acqua minerale della Francia, o un bicchiere d'acqua delle Termopili, nella sezione greca, o birra della Danimarca che ha fatto il giro del mondo; o se preferite i vini, vino di Champagne che si fa sotto i vostri occhi, tutti i vini della Spagna in bottigline graziose da mezza lira, che vi vende una bella ragazza di Jerez; e vini di Porto e di Madera, imbottigliati nel 1792, a cento lire la bottiglia, compresi i documenti storici «debitamente legalizzati.» E se il vino di ottantasei anni vi par troppo giovane, trovate nella sezione francese, in mezzo a una corona di sorelle nonagenarie, una bottiglia di vin del Giura del 1774, coronata di semprevive, a un prezzo da convenirsi. Trovate il chiosco dei vini di Sicilia e il chiosco dei vini di Guiro; tutti i vini d'Australia nella capanna da minatore eretta dal governo di Malbourne; e nella sezione delle colonie inglesi, il misterioso vino di Costanza, del Capo di Buona Speranza, e l'enigmatico vino del Romitaggio della nuova Galles, fatto con uva secca. Ci avete il vino di Schiraz nella sezione di Persia, il vino di Corinto accanto all'acqua delle Termopili, e potete gustare un Tokai squisito nella trattoria rustica dell'Ungheria, al suono d'una banda di zingari. Per mangiare poi non c'è che da chiedere. Nei padiglioni delle colonie francesi una creola vi d
Non era egli forse Apollo, il padrone del santuario? Ricordò Corinto. Voleva tagliare l'istmo e precedette tutti nel lavoro. Lavorava con una zappa d'oro. Ricordò i suoi amori e la coppa del piacere vuotata fino alla nausea.
Per cinque minuti buoni, l'incrociarsi dei piatti e dei bicchieri, gli evviva tumultuosi, le impedirono di vedere Alberto; ma quando il di lui viso apparve accanto a quello della bionda incipriata, l'argomento doveva essere cambiato, ed era evidente che si facevano dei complimenti reciproci sulla precedenza nell'assaggiare dell'uva di Corinto.
Degli anni all'ónere curva lasciava, O qualche timida prece d'amore Che su virginee labbra mandava L'ansia del cuore. Tebe era mutola; tacea Corinto; Messene, esangue, nelle sue mura Chiudeva un popolo per sempre vinto Dalla sciagura. Brandían gli Ellenii zappe e bipenni! Di illustri ceneri piene eran l'urne, E le Olimpiadi venian solenni E taciturne
Le ragazze pubbliche di Roma erano più numerose che non lo fossero mai state ad Atene ed a Corinto; ma vi si sarebbero invano cercato quelle regine della crapula, quelle etere così notevoli per la loro grazia e la loro bellezza che per la loro istruzione ed il loro spirito. I Romani erano più materiali dei Greci, non si contentavano delle delicatezza della volutt
Però se non respira con quel fiato né sa di quel mele di Atene o di Roma, iscusatela, ché a tutti non è lecito di andare a Corinto.
Ammazzò con una pedata nel ventre una fanciulla, che aveva amato ieri e che gli si era fatta incontro col sorriso sulle labbra; condannò a morte Pitagora, spudorato liberto, che aveva sposato pubblicamente a Corinto, vestendolo da imperatrice, per profanare, con quella infame parodia, i riti sacri matrimoniali; girò quella sera vestito da Apollo, in lettiga, tra le fiaccole ardenti, non pago dei crucirati delle sue vittime: ne avrebbe preferito l'adulazione.
Fu meno una guerra, che non un disarmamento e una distruzione; provocata da Catone e da quel suo continuo «delenda Carthago», che sarebbe stato piú generoso se detto contro un nemico piú forte. Scipione Emiliano condusse quest'ultima guerra punica, eseguí la distruzione . Né furono diverse l'ultima guerra greca, la distruzione della lega achea e di Corinto.
Come, tu cittadina di Ersbia e di Egeria osi parlare così!? Tu non sai come fare per parlare il linguaggio di una pudica matrona: ma non dici nulla di più tenero quando i desiderii ti tormentano? Va, Lelia, quand’anche giungesti a saper a mente Corinto, non sarai mai Lais!».
Parola Del Giorno
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