Vietnam or Thailand ? Vote for the TOP Country of the Week !
Aggiornato: 8 giugno 2025
Fui interrotto nelle mie rapide osservazioni dalla buona Mansueta che, viste schiuse le imposte, si era affrettata a prepararmi il caffè e me lo porgeva, fumante e profumato, chiedendomi come avessi passata la notte. Chiesi subito del curato: stava cantando messa.
Il Chiesi, che non sa leggere in letto perchè gli si chiudono subito gli occhi, in Castello aveva dei momenti di disperazione perchè non gli si concedeva il riposo notturno. Ulisse Cermenati, che sa stare ritto sulle gambe, andava al processo dinoccolato e pieno di sonno, e Federici raccontava agli amici che accendeva, spengeva e riaccendeva il lume con dei tentativi di passare la notte leggendo.
Le ore della sera erano le più tranquille. Si passava come dall'inferno al paradiso. Chiesi, Federici e don Davide il primo in mezzo e gli altri due in faccia avevano una lampada a petrolio in comune sui loro due tavoli riuniti.
Lo ascoltavano in silenzio, in piedi, tra una branda e l'altra, e lo lasciavano voltar fuori con dei viva l'amnistia! che forse lo facevano sorridere. A noi non disse che qualche parola insignificante e non parlò, con deferenza, che col Chiesi, il quale sembrava nelle sue grazie.
Tra la folla degli avvocati accorsi a dare l'ultimo addio ai condannati, si distingueva il Majno che camminava con l'ombrello in una mano e il cappello nell'altra, salutando dappertutto: «Addio, Chiesi, ciao, Federici, coraggio, Romussi, sta allegro, Valera, arrivederci presto, don Davide, ecc.» Nei suoi addii era lo strazio di un avvocato e di un amico reso impotente dalla legge marziale.
Lungo questo viaggio indimenticabile ci domandavamo di tanto in tanto l'un l'altro se eravamo vivi. Chiesi: Come stai, Fritz? Federici: Bene. Don Davide, dormite? Magari potessi dormire! Romussi, come ti senti? Maledettamente male. Non avrei mai creduto che il trasporto dei prigionieri fosse fatto in questo modo. Siamo trattati peggio delle bestie.
Detto, fatto; entrai mascherata nel ridotto, e fu allora che mi avvenne di dire al marchese di Montalto quelle innocenti parole che voi sapete.... Io! non so nulla, signora contessa; interruppe candidamente Lorenzo Salvani. Il nome della signora mascherata non fu pronunziato da alcuno, ed io non chiesi nemmeno quali parole avessero dato appiglio alla contesa tra il Collini e Aloise di Montalto.
Il lume era acceso, il letto caldo, deposi la vecchia sul letto e chiusi la porta a chiave. Era la vecchia attonita ma non impaurita. Non ricordo d'aver veduto mai un demonio di tanto coraggio. "Ov'è Nanna?" le chiesi, mentre mi guardava trasognata, con un certo piglio da scuoterla per benino. Nessuna risposta. "Ov'è Nanna?" tornai a dire un po' più alto di prima. Nessuna risposta.
Chiesi ad un pastore che cosa fossero quelle rovine, e mi rispose: Sono le rovine del castello nero; non conoscete la leggenda del castello nero? Veramente ve ne sono di molte e non si narrano da tutti allo stesso modo; ma se desiderate di saperla come la so io.... se.... Dite, dite, io interruppi, sedendomi sull'erba al suo fianco.
Quella sera rientrai nell'alcova, rividi Giuliana, mi trattenni al suo capezzale per qualche tempo. Durai una gran fatica a parlare. Le chiesi, guardandola negli occhi: Hai pianto? Ella rispose: No. Ma era più triste di prima. Era pallida come la sua camicia. Le chiesi: Che hai? Ella rispose: Nulla. E tu? Io non mi sento bene. Mi duole tanto il capo....
Parola Del Giorno
Altri Alla Ricerca