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Aggiornato: 12 giugno 2025


Avevano letto che i canti di Omero, di Pindaro, di Tirteo non erano misteri di letterati, ma canzoni di popolo. Avevano letto che Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane non si facevano belli della lode de' loro compagni di mestiere, ma anelavano al plauso di trentamila spettatori e l'ottenevano. Quindi, agitati da castissima invidia, vollero anch'essi quel plauso e quella corona.

E non erano li lor canti di cose vane, come il piú delle canzoni odierne sono, anzi erano versi poetici, ne' quali d'altissime materie o di laudevoli operazioni da valenti uomini adoperate, come noi possiam vedere nella fine del primo dell'Eneida di Virgilio, dove, dopo la notabile cena di Didone fatta ad Enea, Iopa, sonando la cetera, canta gli errori del sole e della luna, e la prima generazione degli uomini e degli altri animali, e donde fosse l'origine delle piove e del fuoco, e altre simili cose: dal quale atto poté nascere il dirsi che i poetici versi si cantino.

Ecco qui.... mi canzoni; ma ve n'è di così belle.... "Eugenio veniva sovente di buon mattino per andarne insieme a passeggiare lungo i bastioni dei platani. Egli amava la natura, e diceva sempre di volerla sorprendere appena desta; quelle passeggiale all'alba fecero assai bene alla mia mente, e rinnovarono le mie forze.

Lui salutavano i banditi poeta, medico, e legislatore della brigata. Interrogato rispondeva, richiesto consigliava; invitato, senza farsi troppo pregare cantava canzoni da lui composte, o raccontava strane vicende di lontani paesi; altrimenti, sempre taciturno, meditava sopra i suoi casi, che davvero molti, e varii la fortuna gli aveva apparecchiato davanti.

Quando, verso il fine del banchetto, un Veneziano rivolto a quei centinaio di Milanesi coi quali s'era messo in intrinsichezza: Noi ci abbiam messo il nostro, prese improvvisamente a gridare, or tocca a voi. Le nostre canzoni sono antiche come la patria nostra e le nostre glorie. Se voi ne avete di più belle e di più liete fate sentirle.

Lo so da mastro Jacopo, che c'invita per domenica alla festa degli sponsali e ci raccomanda di preparare le nostre più belle canzoni. Oh, le avr

Una lezione della romanza castigliana Conte Arnaldos, edita dal DELIUS e riferita dal NIGRA, Canzoni ecc. Riv. Contemp., fasc. gennaio 1860, p. 82:

Canzoni che, nel territorio milanese, sono vestite di suoni così monotoni, e improntate di quella gravezza così esclusivamente longobarda, che ci pesan sull'animo, anche allorquando le parole han significato giocondo.

Egli cantava tutto il giorno. Al reggimento aveva imparato certe canzoni napoletane dalle cadenze disinvolte, le quali passavano una dopo l’altra per quella gola avvezza alle raspanti parole del dialetto tedesco, senza perdere nulla della loro vispa snodatura.

Non è maraviglia poi se genti farnetiche, le quali mischiano psicologia fino nel parlar di canzoni, vestono oggi il sacco del missionario, ed esclamano: Voi, italiani, avete un bel suolo, un bel cielo, una bella lingua; ma dei tesori intellettuali, di cui va ricca oggimai tutta insieme l'Europa, voi non ne possedete quanto certi altri popoli. Voi ci foste maestri un tempo; adesso non piú.

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