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Se è pericoloso commisurare tra loro le gesta di Cesare e di Napoleone, ogni confronto dei due uomini nel loro essere umano cade diritto nel ridicolo. Di Cesare è stato riferito, che ripeteva volentieri i versi di Euripide: εἴπερ γάρ αδικε

Ma una edizione italiana d'Euripide non c'è: una edizione francese accessibile non c'è: quella di Lipsia non si può far venire, e poi, prima di spedire in Germania oro che ci torni convertito in piombo, manderei al diavolo non il solo Euripide, ma tutta la letteratura greca. Rimaneva la piccola edizione di Oxford. E venti giorni prima che incominciassero le lezioni, la feci richiedere.

Nella sonante e robusta versione di Felice Belletti ho comprese e gustate le tragedie di Eschilo, di Sofocle e di Euripide. Il secondo mi piacque di preferenza; ma allorquando, per far pompa di classica erudizione, ebbi a citare alcuni brani del Filottete, mentii ignobilmente a me stesso ed al pubblico, asserendo che quella tragedia mi aveva commosso alle lagrime. Ci vuol del coraggio, miei cari, a rettificare quella vile menzogna e a proclamare che alcune tirate del più patetico, del più appassionato dramma del teatro greco, provocarono in me una ilarit

temo di ingannarmi dicendo che Omero, Pindaro, Sofocle, Euripide ecc. ecc., al tempo loro, furono in certo modo romantici, perché non cantarono le cose degli egizi o de' caldei, ma quelle dei loro greci; siccome il Milton non cantò le superstizioni omeriche, ma le tradizioni cristiane.

Ma due settimane dopo l'inaugurazione dell'anno accademico, giunse la risposta che Euripide era in ristampa. Pausa. Nuova richiesta. E nuova risposta: era stampato e tirato, ma non rilegato. Mandassero pure i fogli slegati. Nuovo e lungo silenzio. E forse prima d'Euripide arriver

«Costoro e Persio e io e altri assai», rispuose il duca mio, «siam con quel Greco che le Muse lattar più ch’altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco; spesse fïate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v’è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piùe Greci che gi

<<Costoro e Persio e io e altri assai>>, rispuose il duca mio, <<siam con quel Greco che le Muse lattar piu` ch'altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco: spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v'e` nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piue Greci che gia` di lauro ornar la fronte.

E infatti qui non c'è nota, non c'è richiamo di testo antico di sorta alcuna. Non occorrevano un testo di Alessandro e un altro di Euripide per giustificare questo dialogo: MÈNECLE. E un amico come te... CROBILO. Per tutti e dodici gli dei! Voglio credere!... MÈNECLE. Val più d'un tesoro. Nulla è più prezioso di un amico sicuro: ricchezze, regno.

<<Costoro e Persio e io e altri assai>>, rispuose il duca mio, <<siam con quel Greco che le Muse lattar piu` ch'altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco: spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v'e` nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piue Greci che gia` di lauro ornar la fronte.

Avevano letto che i canti di Omero, di Pindaro, di Tirteo non erano misteri di letterati, ma canzoni di popolo. Avevano letto che Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane non si facevano belli della lode de' loro compagni di mestiere, ma anelavano al plauso di trentamila spettatori e l'ottenevano. Quindi, agitati da castissima invidia, vollero anch'essi quel plauso e quella corona.