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Aggiornato: 6 giugno 2025
ATTILIO. M'hai servito altre volte con molta prontezza; e or, piú che mai bisognoso del tuo aiuto, vengo con la medesima confidenza a pregarti che adopri tutto il tuo sapere e ci metti tutto il tuo studio. TRINCA. Il padron amorevole e grato fa sollecito il servidore. ATTILIO. Servimi, ché ti darò un paio di calze. TRINCA. Un paio di calci piú tosto.
L'ultima frase aveva fatto ripigliare i loro posti ai tre proscritti e, fatto un gruppo dei tre guanti, Attilio con piglio sdegnoso lo scaglia contro il viso del maldicente, senza articolare parola. "Oh!
Questa lettera era del maggiore de' due fratelli, Attilio. L'amico ch'egli aveva incaricato d'una comunicazione verbale, fece quanto gli era commesso, ed era Domenico Moro, nato egli pure Veneto, luogotenente sull'Adria, e caduto martire in Cosenza co' suoi fratelli di armi e di fede.
ATTILIO. Erotico, quanto prima m'era amico, tanto m'è or inimico: l'amore è un violento effetto dell'anima nostra, cosí l'odio, che da l'amor nasce, è crudelissimo. TRINCA. Come lo farete capace della veritá, vi servirá, come or ci impedisce il servire. ATTILIO. Andiamo a trovarlo: ché usar viltá e cose che mi dispiacciono vo' che per amor mi divenghino dilettevoli. TRINCA. Andiamo.
«Senator Barbarigo,» disse Attilio per risposta a quelle parole, sforzandosi a celare lo sdegno sotto l'apparenza dell'ironia, «sarete persuaso che questa sera il vostro vin di Cipro ha fatto male a qualcheduno.» «Stolto beffardo,» proruppe allora Candiano, «in faccia a queste illustri persone non mi degno ora più di risponderti con parole. In faccia a queste persone io ti do quel solo che meriti.
Attilio si alzò, fece un moto d'impazienza come volesse partire, passò la mano sulla fronte, poi come pentito di quella manifestazione tornò a sedere.
Orsú, non piú abbracciare e piangere; e non conturbate col pianto cosí desiderato contento. ATTILIO. Padre, mira che non ponno parlare. CONSTANZA. Ed è pur vero, o figlia, che da poi sí lungo tempo ti riveggia? CLERIA. O madre, come insperatamente vi veggio! Costanza.
«Dunque, io sono sì sprofondato che non vorrei mai più veder luce, nè uscire mai più fuori all'aperto: pure se mi venisse in pensiero qualche atroce modo a vendicarmi, qualche cosa di straordinario, d'inaudito, di orribile, penso che tosto lo manderei ad effetto.» «Lascia fare al tempo, Attilio, e a rivederci domani.»
Attilio e Muzio, se, più amanti della propria salvezza, dati si fossero alla fuga, forse avrebbero potuto salvare la vita ma!... erano troppo disdegnosi quei due veri romani e non fuggirono! ed arrestarono per un pezzo combattendo disperatamente a corpo a corpo l'irrompente ciurmaglia.
O Dio, in che peccato era io per incorrere! Ma ben fece Orgio, che non lo volea mai consentire. E da che Attilio mi ha condotta la vostra Sulpizia in casa, non mi ha avuto mai grazia, né l'ho mirata mai di buon occhio. O vecchio per tanti anni deluso! Ma sai tu chi ha fatto il testamento di Filogono? BALIA. È quel notaio che sta appresso la casa vostra. PARDO. Lo conosco benissimo.
Parola Del Giorno
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