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Aggiornato: 6 giugno 2025
ATTILIO. Ed io la mia Cleria. TRINCA. Ed io la forca o la galera, se si scuopre. ATTILIO. Speriamo che amore e la fortuna ci favoriranno. EROTICO. L'invenzione è tanto bella, che porta seco i rimedi di tutti gli infortuni che ci potessero intervenire. ATTILIO. Speriamo bene, che il mal non manca mai.
Convegno il Colosseo; perciò Attilio dopo aver pedinato quel messo di delitti che si chiamava il Gianni, anzi che avviarsi alla sua casa prese la via di Campo Vaccino . Antico foro Romano. Che trasformazione d'un nome sì glorioso!
ATTILIO. Non è cosa onesta salvar l'onor e la vita di Cleria mia insieme con me, che, succedendo quel che disegna mio padre, m'ucciderei con le mie mani? TRINCA. Cosí dicevate allora. Non mi ci cogli piú.
Poi, avendo il Principe desiderato un mezzo sicuro per restare in relazione con loro, Attilio, su d'un pezzettino di carta tanto piccolo da potersi inghiottire al bisogno, scrisse a Regolo una linea di riconoscimento pel Principe. Il resto della giornata fu impiegato a seppellire i morti, che non eran pochi, ed alla cura dei feriti, sì gli uni come gli altri quasi tutti papalini.
CONSTANZA. Ed io son Constanza tua madre, che or giunge da Constantinopoli, con assai piú desiderio di vedervi che della propria mia acquistata libertade. Voi dunque sète Constanza? CONSTANZA. Io son quella infelice donna che venti anni son stata schiava di genti barbare. ATTILIO. O madre, quanto mi sarebbe stata cara la tua venuta, se a piú opportuno tempo venuta fosse.
Mi sento l'anima cosí ristretta nel cuore, che son per cader morta; né posso imaginarmi come questa tormentata anima possa reger questo tormentato mio corpo. ATTILIO. Non vi struggete, o signora, piú cara a me che la luce degli occhi miei.
EROTICO. Andiamo, come volete; ma non sarebbe bene aspettar Trinca, per saper qualche cosa di Cleria? che fa, che dice, che spera? ATTILIO. Fa quello istesso che fo io; e mi affligono piú i suoi che i miei dolori, però schiverò di udirlo. EROTICO. Ed io vo ancor disperato, non potendomi imaginar la cagione, come Sulpizia sia cosí meco adirata.
"Eppure," soggiungeva Attilio, rispondendo alla digressione del mendico, "quella bella straniera, sono sicuro che ti ama, quanto è capace di amare una donna". Muzio tacque e d'improvviso annuvolossi, il che Attilio scorgendo e dubitando si sollevasse qualche tempesta nell'animo contristato dell'amico lo prese dolcemente per mano e gli disse: "Vieni" e Muzio lo seguì senza proferire parola.
ATTILIO.
Il feretro del principe T. fu seguito da molta gente perché si seppe egli essere un principe e nella massa degli uomini che accompagnavano il titolo per altro colla maggiore indifferenza, si distinguevano pure alcune fisonomie meste e queste erano i veri amici del defunto: Attilio, Muzio e Gasparo. Quest'ultimo si vedeva chiaro avere gli occhi gonfi dal pianto.
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