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Aggiornato: 13 ottobre 2025
Pure non una di queste monete così famigliari oramai all'intelletto di Eugenio era uscita dalle saccoccie di Nababbo o di Creso a confortare colla riconoscenza la paziente meditazione del povero artista.
Era lei con gli occhi gonfi di lacrime, arrossati dal pianto, col volto bianco per la commozione, lei, non più artista, non più commediante, ma la povera ragazza di Piazza degli Armieri, la povera figliuola di Agatina e di Enrico, che piangeva! Stette sola, affranta, oppressa dai ricordi, lacrimando, per alcune ore.
Quello è un grande artista! Che fortuna deve fare! È un fenomeno! E tutta la famiglia stava in ammirazione di quell'innominato che chiamavano sempre lui, e l'Ernesta si pavoneggiava, e godeva, come se si fosse trattato di lei stessa o di suo marito.
O preti! esclamò un giovane artista, e tacque. Poi, dopo essersi soffermato alquanto per trovare nella sua mente convenevole epiteto, soggiunse: O preti, preti! Chè ho detto tutto, e a dire più di così io ve lo do per bazza; voi ci volete assassinare i nostri modelli. E tolti essi di mezzo, cui ci rimarr
Lui si chiamava Fausto; aveva poco più di trentacinque anni, ed era artista di canto; tenore. Lei era una di quelle signore eleganti di cui si dice sempre il casato ed il titolo, e si possono frequentare un mese senza saperne il nome. Non si conoscevano.
Son vigorosi, son felici, i voli; i fiori son di tutta eleganza, di tutta bellezza. Erano press'a poco gli avvertimenti che, due anni prima, le dava il suo maestro Brinda. Durante la lettura, la fisonomia ammaliantissima della giovane artista aveva preso un'arietta di sovrana alterigia.
"Io credo sia meglio che V. S. venga in palazzo per intendersi con l'E. S.". Un torcer di bocca del bravo artista fu chiaro indizio che la proposta gli andava poco a sangue, ma come si può vivere in Roma senza dipendere dai preti?
Si era fitto in mente che io avessi una testa da filosofo greco con quella lunga barba che m'ero lasciato crescere allora e i capelli folti e arruffati di cui più non c'è quasi vestigio. A me però sembrava troppo onore per la mia barba e pei miei capelli l'essere immortalati da un grande artista come lui.
Non è guari la stampa palermitana, siciliana, italiana e financo estera a proposito d’un forte artista catanese e d’un valoroso scrittore di scene della vita del nostro popolo, diceva che noi non avevamo mai avuto un teatro dialettale: primo, anzi unico esempio, quello che si affermava sui teatri dell’Isola e del Continente col Grasso, coi suoi abili compagni e con l’esperto autore drammatico che dirigeva e presto torner
Chi vi ha detto che il Verga ed io, per esempio, abbiamo voluto dipingere la Sicilia sotto tutti i suoi aspetti? Da artista coscenzioso, minuzioso quasi, il Verga non è mai uscito nelle novelle fuori della sua provincia di Catania; io, più timido di lui, non sono uscito fuori del territorio della mia cittaduzza.
Parola Del Giorno
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